Riassunto analitico
La fibrillazione atriale è l’aritmia sopraventricolare più frequentemente riscontrata nella pratica clinica, con dati di prevalenza nella popolazione generale che si attestano all’1-2%. Nonostante i notevoli progressi conseguiti nella gestione terapeutica della stessa, essa rimane un’importante fonte di morbilità e mortalità per cause cardiovascolari: tra le complicanze più temibili, infatti, vi è il tromboembolismo sistemico ed in particolare modo l’ictus ischemico. Le linee guida internazionali in materia di diagnosi e trattamento della fibrillazione atriale suggeriscono di valutare attentamente rischi e benefici della profilassi degli eventi tromboembolici con terapia anticoagulante orale tramite l’adozione di score internazionali validati quali HASBLED score per la stima del rischio emorragico e CHA2DS2VASc per la quantificazione del rischio ischemico. Tra gli items considerati nella valutazione del rischio di eventi ischemici vi è la arteriopatia, alla quale viene assegnato un punto nel calcolo dello score e nella cui definizione rientrano: pregresso infarto miocardico o episodio di angina pectoris, pregresso intervento coronarico percutaneo, pregresso by-pass aorto-coronarico, pregresso intervento per via percutanea o chirurgica all’aorta addominale o ai vasi arteriosi degli arti inferiori, oppure la presenza di claudicato intermittens. Con questo studio, si intende indagare la prevalenza di vasculopatia periferica asintomatica in un subset di pazienti appartenenti alla popolazione affetta da fibrillazione atriale afferente agli ambulatori della U.O. di Cardiologia del Policlinico di Modena considerati a basso rischio di tromboembolismo sistemico (CHA2DS2VASc 0 oppure 1 negli individui di sesso maschile e CHA2DS2VASc 0, 1 oppure 2 negli individui di sesso femminile). Inoltre, è obiettivo del presente studio valutare le implicazioni sulla gestione terapeutica e l’impatto prognostico che una diagnosi precoce di vasculopatia periferica mediante misurazione dell'ankle-brachial index può avere in soggetti altrimenti considerati a basso rischio ischemico.
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