Riassunto analitico
In occasione del centenario della nascita di Alberto Manzi (1924-2024), questa tesi intende ricostruire la sua figura poliedrica di maestro, scrittore e conduttore televisivo. Il suo essere educatore ha caratterizzato, comunque, tutte le principali esperienze di vita, anche i viaggi in Sudamerica. Manzi, fin dal suo approdo all’Istituto minorile di Rieducazione e Pena “Aristide Gabelli”, ha anticipato molti concetti della pedagogia moderna. La sua metodologia didattica era basata su principi quali l'apprendimento attivo e l'importanza di un ambiente educativo stimolante (aula-laboratorio). Due pilastri sembravano sostanzialmente guidare il piano metodologico del maestro Alberto: il primo aveva a che fare con la spinta continua verso la curiosità, il tener vivo il desiderio per la conoscenza, il porsi continue domande, insomma ciò che Manzi definiva tensione cognitiva, mentre il secondo metteva in luce l’importanza di partire dal sapere che un bambino già possedeva e di indagare le sue conoscenze pregresse. La discussione, il dialogo e la problematizzazione diventavano allora i mezzi privilegiati nella sua visione di apprendimento. Probabilmente agli occhi dei molti, Manzi è diventato celebre solo grazie al programma televisivo Non è mai troppo tardi, ideato per combattere (al fianco della scuola popolare e delle prime riforme scolastiche) l'analfabetismo, ancora presente tra gli adulti italiani degli anni Sessanta. Parallelamente alla sua carriera televisiva, Manzi ha scritto, però, anche numerosi romanzi e racconti (per l’infanzia e l’adolescenza), caratterizzati da un forte impegno sociale e da una profonda riflessione su temi educativi. Ed è proprio sul Manzi scrittore che si è poi spostato il focus del lavoro. I romanzi di Manzi affrontano, infatti, temi che si snodano ancora nel panorama odierno quali, ad esempio, l'inclusione, l'uguaglianza e la giustizia sociale. Attraverso i suoi personaggi, il maestro romano ha raccontato le sfide e le esperienze degli oppressi e degli esclusi. Le storie, nate dalla penna di Alberto Manzi, mettono in scena protagonisti che, nonostante le difficoltà, riescono a superare gli ostacoli grazie alla determinazione, al coraggio e alla solidarietà e, laddove necessario, anche compiendo un sacrificio oblativo. La maggior parte delle narrazioni, ad alta tensione sociale, non ha un lieto fine. Manzi ha scelto di percorrere consapevolmente questa strada, forse anomala nei libri per ragazzi, con gli obiettivi di smuovere coscienze e di invitare i giovani lettori ad una continua riflessione, nel tentativo di risolvere i problemi indagati. Muoiono, ad esempio, Grogh, un castoro che guida la sua colonia verso la libertà, Isa, protagonista di Orzowei che combatte contro il pregiudizio razziale, mentre cerca la propria identità e, lo stesso destino, spetta anche a Pedro, che con la forza della cultura vuole ribellarsi alle ingiustizie subite e alla condizione di schiavitù dei campesinos. Il primo romanzo di Alberto Manzi, Grogh storia di un castoro, è nato da un lavoro di scrittura collettiva: questo aspetto consente una breve riflessione sulla metodologia utilizzata e permette di fare un parallelismo con il libro-denuncia Lettera a una professoressa, scritta a più mani dai ragazzi di Barbiana sotto la guida di Don Lorenzo Milani. L’intero lavoro è supportato da fonti inedite, conservate presso il Centro Manzi di Bologna, quali ad esempio lettere a editori e il racconto Pick, un formichino eroico. A conclusione del lavoro, viene mostrata un esempio di progettazione, come possibile scenario per una proposta concreta nella scuola Primaria. Il percorso proposto si snoda intorno alla lettura critica e analitica del romanzo Grogh storia di un castoro.
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