Riassunto analitico
L’intollerabile dilagare dei fenomeni criminali all’interno della realtà imprenditoriale e l’incapacità del diritto penale di reprimere tale fenomeno, ha spinto diversi Paesi a legiferare per ammettere una forma di diretta responsabilità anche in capo agli enti. Il D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 ha dunque introdotto nel nostro ordinamento la c.d. «responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica» in relazione alla commissione di determinati reati da parte di soggetti in vario modo incardinati nella struttura dell’ente. Ci si è concentrati particolarmente sulla delineazione del sistema sanzionatorio predisposto dal Decreto e sulle caratteristiche delle diverse pene alle quali l’ente rischia di essere condannato. In particolare, alla persona giuridica condannata per l’illecito amministrativo dipendente da reato viene sempre applicata una sanzione pecuniaria determinata in quote. Qualora poi l’ente abbia tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed il reato sia stato commesso da soggetti in posizione apicale o da sottoposti quando la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative ovvero ancora in caso di pericolo di reiterazione degli illeciti, verrà irrogata una sanzione interdittiva ex art. 9. Inoltre, il giudice può disporre la confisca o la pubblicazione della sentenza di condanna. Si è poi passati a delineare i vari profili di sgravio della sanzione pecuniaria a fronte di particolari condizioni dettate dall’art. 12 del Decreto. Se infatti l’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e la societas non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo ed il danno cagionato è di particolare tenuità, il legislatore prevede un abbattimento della metà dell’ammontare della pena. La sanzione è invece ridotta da un terzo alla metà qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, l’ente abbia risarcito integralmente il danno ed eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si sia comunque efficacemente adoperato in tal senso oppure qualora sia stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi; qualora tali condizioni concorrano, lo sgravio concesso sarà dalla metà ai due terzi. Il D.lgs. permette poi alla persona giuridica di evitare l’applicazione della sanzione interdittiva nell’ipotesi in cui, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, questa ponga in essere, congiuntamente, le c.d. «condotte riparatorie» elencate dall’art. 17: l'ente deve aver risarcito integralmente il danno ed eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero deve essersi comunque efficacemente adoperato in tal senso; deve inoltre aver eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; inoltre, deve mettere a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca. L’ente ha poi facoltà di chiedere la sospensione della misura cautelare al fine di soddisfare tali condotte, le quali potranno condurre alla revoca o alla sostituzione delle cautele. A fronte del soddisfacimento di suddetti parametri, il legislatore concede una forma di premialità anche nel caso in cui questi vengano posti in essere dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento. Infatti, ai sensi dell’art. 78, l'ente che abbia adempiuto tardivamente alle condotte di cui all'articolo 17 può comunque richiedere la conversione della sanzione interdittiva in sanzione pecuniaria.
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