Riassunto analitico
Affrontando il tema dei profili penali del consenso dell’avente diritto, diviene inevitabile imbattersi in problematiche che trascendono i confini del codice penale. Se a livello sistematico il consenso dell’avente diritto può essere, più o meno semplicemente, collocato tra le cause di giustificazione codificate, una più attenta analisi non può che far emergere come un tale inquadramento sia oramai riduttivo nonché inidoneo a dar conto del ruolo che la volontà manifestata dal titolare di un diritto ha assunto negli ultimi decenni. Le scoperte scientifiche nel settore medico-chirurgico e il perfezionamento di nuove tecnologie che permettono di superare i naturali confini della vita e della morte – così, ad esempio, la fecondazione medicalmente assistita e l’uso di macchinari salvavita rendono possibile, rispettivamente, la creazione artificiale di una vita e la sopravvivenza, altrettanto artificiale, di un soggetto attraverso l’interruzione del naturale decorso verso la morte – creano un nuovo spazio di discrezionalità, sia individuale che collettiva, dai confini tutt’altro che netti. Il punto d’incontro tra istanze di sopravvivenza e di controllo sociale attraverso l’uso delle nuove tecnologie e rivendicazioni di “spazi liberi dal diritto” che garantiscano la libertà di autodeterminazione del singolo è, nell’ottica penalistica, proprio il consenso dell’avente, la cui portata viene tradizionalmente definita attraverso un’interpretazione sistematica dell’art. 50 c.p. con altre tre disposizioni normative, cioè l’art. 5 c.c., relativo agli atti di disposizione dell’integrità fisica, e gli artt. 579-580 c.p., che incriminano rispettivamente l’omicidio del consenziente e l’istigazione o aiuto al suicidio. L’individuazione dei beni giuridici dei quali un soggetto possa legittimamente disporre, sia attraverso condotte immediatamente lesive sia con forme più o meno intense di esposizione al pericolo, induce alla riflessione su quella che è, di fatto, l’altra faccia della medaglia, cioè la legittimazione di norme e di prassi che tutelano beni giuridici individuali anche contro la volontà del titolare. Da un lato, ognuno di noi può ispirarsi a valori etici e morali differenti, e perciò prendere decisioni anche incomprensibili a fronte di diverse alternative circa la propria vita o la propria morte; dall’altro, occorre verificare se e in quale misura singole concezioni possano aspirare ad un certo grado di “generalizzazione” attraverso lo strumento legislativo. Difatti, nelle moderne società pluralistiche il diritto – specialmente il diritto penale – non potrebbe essere utilizzato come strumento per imporre in via autoritaria valori assoluti, poiché nessun valore può essere considerato superiore ad un altro o, a maggior ragione, avanzare pretese di universalità. Perciò ci si chiede fino a che punto l’autonomia dell’individuo può essere davvero sovrana e quale sia il ruolo del diritto penale nella controversa attività di bilanciamento tra potere statuale ed autodeterminazione dell’individuo.
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