Riassunto analitico
Il dolore è definito come un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole normalmente associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale, è quindi un segnale di allerta per evitare un danno all’organismo. Lo scopo di questa tesi è stato quello di ricercare potenziali biomarker di dolore cronico (DC) mediante proteomica. Lo studio è nato come evoluzione di un progetto condotto su pz con medication-overuse headache (MOH), ovvero pz con cefalea cronica abusatori di farmaci antiemicranici, nell’intento di ricercare biomarker di nefrotossicità farmaco-indotta. L’analisi proteomica ha portato all’identificazione di 21 proteine over-escrete nelle urine dei pz MOH rispetto ai controlli. Dalla ricerca bibliografica è emersa la possibile correlazione della maggior parte di esse con alterazioni o disfunzioni renali, tuttavia le altre potrebbero essere coinvolte con l’insorgenza o l’espressione del dolore. In particolare la prostaglandina D sintasi (PTGDS) è nota per essere coinvolta nell’allodinia cutanea (AC). Da qui l’interesse si è focalizzato sulla ricerca di biomarker di DC. Innanzitutto l’espressione di PTGDS nelle urine dei pz MOH è stata validata con Western-blot e quantificata tramite dosaggio immunoenzimatico (test ELISA). In aggiunta è stato messo a punto un modello animale di DC neuropatico nel ratto, mediante legatura del nervo sciatico (modello CCI), per valutare se il DC induce modificazioni anche a livello del proteoma sierico e se, eventualmente, il trattamento con un FANS (indometacina), è in grado di modificare il pattern proteico. I ratti impiegati nello studio sono stati suddivisi in 4 gruppi: 2 gruppi di controllo, 1 trattato con soluzione salina, l’altro con indometacina, e 2 gruppi con CCI sottoposti allo stesso trattamento, sia in acuto che in cronico. Inizialmente sono stati effettuati due test comportamentali per confermare la presenza di dolore negli animali che avevano subito l’intervento: il “Plantar test” e il “Von Frey test”. È stata quindi eseguita l’analisi proteomica sul siero prima mediante elettroforesi monodimensionale (SDS-PAGE) e successivamente tramite elettroforesi bidimensionale (2-DE). L’espressione differenziale delle bande e degli spot proteici è stata valutata con specifici software di analisi d’immagine mentre la spettrometria di massa ha poi permesso di identificare le proteine differenziali. Il risultato più evidente è stato osservato nel trattamento cronico, nel gruppo di ratti operati e trattati con salina rispetto a quelli operati e trattati con indometacina, dove l’espressione di 6 bande proteiche è risultata significativamente aumentata nel caso dell’SDS-PAGE, mentre la 2-DE ha rivelato ulteriori proteine: alcune tipiche dell’infiammazione, altre enzimi antiossidanti ed altre ancora con funzione neuroprotettiva implicate nella degenerazione/rigenerazione dei nervi periferici. È stata inoltre indagata l’origine di queste proteine mediante PCR quantitativa dei corrispondenti mRNA a livello del midollo spinale lombare che ha evidenziato una sovraespressione per 4 proteine: apolipoproteina A1, apolipoproteina E, vitamin D binding protein e PTGDS. La sovraespressione di queste proteine potrebbe essere dovuta ad un tentativo di recupero funzionale del nervo e di riduzione del dolore, per questo potrebbero rappresentare un potenziale target terapeutico per il trattamento della neuropatia periferica. Infine è stata fatta una comparazione, fra i risultati ottenuti nello studio clinico sui pz MOH, nel modello animale e quanto riportato in letteratura, dalla quale sono emerse diverse corrispondenze e analogie. Questo apre la possibilità di approfondire gli studi sul significato fisiopatologico e sull’origine di queste proteine come potenziali biomarker del DC, in particolare per l’AC.
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