Riassunto analitico
Si identifica la malattia trivasale qualora siano interessati contemporaneamente tutti e tre i rami coronarici principali. Per il suo carattere diffuso, la malattia trivasale è da considerarsi una coronaropatia complessa insieme a quella coinvolgente il tronco comune. Le linee guida oggi disponibili (ACCF/AHA/SCAI rilasciate nel 2011 ed ESC/EACTS rilasciate nel 2014) indicano il bypass chirurgico come il trattamento di scelta per queste patologie. La procedura percutanea rappresenta comunque una ragionevole alternativa in gruppi di pazienti selezionati. Evidenze recenti hanno infatti suggerito come la PCI abbia risultati a breve e lungo termine equivalenti al bypass aorto-coronarico nei pazienti con un basso grado di complessità della patologia coronarica. In letteratura, gli studi relativi all’argomento sono comunque limitati. I rapidi progressi nelle tecnologie, come l’evoluzione degli stent, impongono una nuova valutazione al fine di stabilire se, ad oggi, il bypass permanga l’opzione di scelta. Lo studio chiave (SYNTAX trial) su cui si basano molte delle indicazioni riportate nelle linee guida, è stato infatti pubblicato nel 2009 ed ai pazienti sottoposti a trattamento percutaneo sono stati impiantati stent medicati di I generazione. L’obiettivo del presente studio retrospettivo è quello di valutare la mortalità e l’incidenza di eventi cardiovascolari nei pazienti con malattia trivasale e/o del tronco comune sottoposti a rivascolarizzazione miocardica mediante bypass aorto-coronarico o trattamento percutaneo. Dal 1 aprile 2011 al 1 aprile 2016 sono stati selezionati un totale di 415 pazienti, suddivisi in 262 nel gruppo PCI e 153 nei gruppo CABG. Questi risultano ben bilanciati per le caratteristiche di base, tuttavia vi è un maggior numero di pazienti con sindrome coronarica acuta nel gruppo PCI (88.5% vs. 71.2%, p<0.001). Gli interventi eseguiti in regime di elezione sono rispettivamente il 9.5% nel gruppo PCI e il 24.8% nel gruppo CABG (p=0.001). In aggiunta, nel gruppo PCI, i pazienti presentano un maggior rischio chirurgico (STS score di mortalità operativa: 2.4%±3.2% vs. 1.5%±2.2%, p=0.001). Durante il periodo di degenza, non si sono registrate differenze significative nei due gruppi in termini di mortalità (5.7% nel gruppo PCI vs. 2.6% nel gruppo CABG, p=0.109). La mediana del follow-up relativo alla mortalità è di 1108±510 giorni. Il tasso di mortalità grezzo (crude rate) è 21.4% nel gruppo PCI e 11.1% nel gruppo CABG (p=0.005). Nell’intera popolazione in esame, le curve di sopravvivenza nei due gruppi, costruite con il metodo di Kaplan-Meier, mostrano una differenza statisticamente significativa (log-rank p=0.005) in favore del bypass aorto-coronarico. Stratificando i pazienti in base al SYNTAX score, questa differenza sussiste però solo per i pazienti aventi SYNTAX score elevato (log-rank p=0.002). L’analisi dei diversi sottogruppi di pazienti ha mostrato come nei pazienti affetti da diabete (log-rank p=0.285), insufficienza renale cronica (log-rank p=0.306) e BPCO (log-rank p=0.812) non vi siano differenze in termini di mortalità nelle due tecniche riperfusive. Questo andamento è stato riscontrato anche nei pazienti con abitudine tabagica attiva (log-rank p=0.268). Il CABG è associato ad una incidenza minore di reintervento e restenosi (rispettivamente log-rank p<0.001 e log-rank p=0.001). L’analisi delle curve di Kaplan-Meier ha dimostrato inoltre un aumento dell’incidenza di infarto miocardico nei pazienti con SYNTAX score elevato sottoposti a rivascolarizzazione percutanea (log-rank p=0.027). L’incidenza di stroke non presenta invece differenze significative in relazione alla strategia di rivascolarizzazione coronarica (log-rank p=0.622).
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