Riassunto analitico
L'ictus è la principale causa di disabilità a lungo termine e la seconda causa di mortalità nel mondo, superata solo dalla cardiopatia ischemica. Durante le prime ore di una lesione cerebrale acuta come un ictus le cellule cerebrali vengono danneggiate e perse in modo permanente, con conseguente perdita di funzionalità. Le attuali opzioni di trattamento per tali lesioni cerebrali sono limitate e sono efficaci solo se somministrate durante le prime ore dopo l’evento. Un ictus attiva diverse vie biologiche, tra cui la cascata ischemica, la risposta immunologica e quella riparativa. Le terapie riparative presentano un’ampia finestra temporale di intervento: alcune possono essere avviate nei giorni e nelle settimane immediatamente successive all'ictus, sfruttando i processi spontanei di recupero e riparazione, mentre altre possono essere somministrate anche mesi dopo, mirando a potenziare la neuroplasticità. Attualmente, il trattamento cardine per il recupero dopo l’ictus è la neuroriabilitazione, in cui l’allenamento comportamentale viene fornito attraverso la terapia cognitiva, logopedica, occupazionale e fisica. Con la sola neuroriabilitazione il recupero però è molto spesso incompleto e i limiti di questi sforzi riabilitativi hanno suscitato l'interesse nel trovare altri modi per migliorare il recupero neurologico. Alcuni di questi nuovi approcci hanno incluso interventi farmacologici. Negli ultimi vent'anni, numerosi studi hanno indicato che le manipolazioni farmacologiche possono influenzare la neuroplasticità dipendente dalla pratica e potenzialmente migliorare il recupero neurologico dopo l'ictus. Sono stati valutati molteplici agenti farmacologici con diversi meccanismi d’azione, inclusi modulatori dei neurotrasmettitori, bloccanti degli inibitori della crescita assonale e fattori di crescita. Gli studi preclinici e clinici per valutare la loro capacità di favorire la riparazione neurale nel sistema motorio, sono risultati però contrastanti. Il recupero funzionale con l'allenamento riabilitativo dopo un danno cerebrale si basa sulla plasticità sinaptica. Il glutammato, un neurotrasmettitore eccitatorio, gioca un ruolo chiave in questo processo, in particolare attraverso i recettori AMPA e NMDA. L'aumento persistente della forza di trasmissione sinaptica tra neuroni, noto come potenziamento a lungo termine (LTP), dipende tra l’altro dall'incorporazione dei recettori AMPA nelle sinapsi ed è cruciale per la plasticità neurale. Recentemente, è stato scoperto che il maleato edonerpico facilita l'incorporazione sinaptica dei recettori AMPA, migliorando così il recupero funzionale dopo un danno cerebrale in roditori e primati non umani. Somministrato durante la fase di recupero, il maleato edonerpico ha migliorato sia il tasso di successo che il tempo di recupero. Diversi farmaci che modulano la neuroplasticità hanno mostrato risultati promettenti negli studi preclinici ma hanno fallito negli studi clinici sull'uomo, probabilmente a causa dell'attivazione “disordinata” dei circuiti neurali. Il maleato edonerpico si è distinto invece per la sua capacità di attivare selettivamente i circuiti neurali rilevanti per la riabilitazione, promuovendo il recupero della funzione motoria senza effetti collaterali noti. Quest’ultimo, infatti, è stato valutato in studi clinici di fase II per la malattia di Alzheimer e la sua sicurezza è già stata dimostrata, motivo per cui questo composto potrebbe offrire un'opzione terapeutica promettente per il danno cerebrale. Attualmente è in corso uno studio clinico di fase II per verificare l'efficacia del maleato edonerpico nei pazienti colpiti da ictus. I risultati di questo studio contribuiranno a chiarire come agire sulla plasticità sinaptica per migliorare la prognosi post-ictus e potranno fornire una nuova opportunità terapeutica per la gestione di questa condizione altamente frequente e disabilitante.
|