Riassunto analitico
Il presente lavoro di tesi si prefigge l’obiettivo di far chiarezza sulla tutela del Made in Italy e sul fenomeno dell’Italian Sounding, per antonomasia antagonista del commercio e della diffusione delle specialità agroalimentari italiane nel mondo e del pieno sviluppo della nostra industria alimentare. Un prodotto Italian Sounding è tale, infatti, in virtù di espressioni lessicali italianeggianti o in forza di una particolare struttura (design, packaging, forma, colore ecc.), idonea a trarre in inganno il consumatore sulla vera origine del prodotto stesso, che è indotto ad acquistare nella convinzione che lo stesso possieda determinate caratteristiche, in realtà assenti. Tale forma di imitazione arreca un notevole danno all’economia nazionale stimato in miliardi di euro. Il sistema di produzione italiano è caratterizzato da sempre da un particolare valore di unicità dal punto di vista identitario, evocativo e di capacità distintiva all’interno del settore agroalimentare, che presenta un inscindibile legame con il territorio di provenienza, con la propria tradizione millenaria e con la capacità attrattiva a livello europeo e globale. È, dunque, uno dei settori economicamente più potenti a livello nazionale e si vuole porre l’attenzione su come il legislatore italiano e, in parte, quello sovranazionale abbiano pensato alla tutela del “Made in Italy”, un marchio evocativo di qualità riconosciuto in tutto il mondo. I prodotti sono quindi esposti ad un continuo rischio di imitazione e contraffazione e l’analisi del fenomeno principale del presente scritto, porta a sottolineare come il legislatore sia spinto a trovare soluzioni che rafforzino la tutela della provenienza del prodotto e, in particolare, questo conduce all’analisi della disciplina dei marchi prevista dal Codice di Proprietà Industriale. Il focus della materia si concentra sulla figura dei marchi collettivi e di certificazione i quali, rispetto a quello individuale, forniscono una tutela più ampia e usufruibile da un più esteso comparto di individui, si prosegue poi nell’esaminare altri segni propri di un regime di qualità, come le indicazioni geografiche, espressione di un legame tra caratteristiche specifiche del prodotto e il territorio di produzione in grado di salvaguardare l’intero comparto alimentare. La denominazione di origine protetta (DOP) e l’indicazione geografica protetta (IGP) differiscono in forza dell’intensità del legame tra il dato prodotto e il rispettivo territorio d’origine, maggiore nella prima e minore nella seconda. Non solo verrà evidenziata la trattazione dal punto di vista sostanziale, ma anche processuale, quanto ai rimedi a tutela dei marchi, sull’azione di nullità e sull’azione di contraffazione. Si passeranno poi in rassegna le principali convenzioni stipulate dagli Stati, già a partire dalla fine dell’800, a garanzia delle indicazioni geografiche contro usi ingannevoli e fraudolenti. Vi sarà una parentesi sull’accordo TRIPs, che funge da base per la definizione dei differenti regimi giuridici di tutela della qualità agroalimentare dei singoli Stati. Infine, si discuterà di un tema tornato nel dibattito attuale, che ha visto le trattative congelate nel 2016 con l’elezione del presidente Donald Trump per gli Stati Uniti d’America, tra Stati Uniti e Commissione Europea per la conclusione del Translatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP. Si prospetta uno sguardo sulle trattative relative alla protezione delle indicazioni geografiche, che potrebbero essere minacciate dall’arrivo di prodotti di Italian Sounding.
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