Riassunto analitico
L'obesità durante la gravidanza, sia intesa come eccessivo BMI pregravidico sia come eccessivo Gestational Weight Gain, rappresenta un importante fattore di rischio sia per la madre che per il nascituro, poiché è correlata a diversi outcomes negativi. Tra questi, spiccano i disordini ipertensivi della gravidanza, un ampio spettro di condizioni associate a notevole morbidità e mortalità sia materna sia fetale/neonatale. Lo scopo di questo studio osservazionale retrospettivo è quello di valutare se sia possibile, tramite l’utilizzo della bioimpedenziometria al primo trimestre, individuare quelle gravide obese che sono a maggior rischio di sviluppare disordini ipertensivi durante la gravidanza. Per questo motivo sono stati analizzati i dati di 479 gravide obese (BMI ≥ 30 kg/m2), a gravidanza singola, senza patologie croniche preesistenti e arruolate entro la 12a settimana di gestazione. Ad ogni donna è stato consegnato un protocollo dietetico a basso indice glicemico e a basso contenuto di grassi ed un programma di attività motoria settimanale, e a tutte è stato proposto un follow-up di tre controlli successivi a 20, 28 e 36 settimane. Ad ogni incontro sono stati misurati pressione arteriosa, peso e composizione corporea tramite l’utilizzo di una bilancia bioimpedenziometrica. Delle 479 donne incluse in questo studio, 85 (17,7%) hanno sviluppato ipertensione gestazionale, mentre le restanti 394 (82,3%) hanno mantenuto valori pressori nella norma per tutta la durata della gravidanza. Dall’analisi dei dati è emerso che non ci sono differenze statisticamente significative tra i due gruppi in termini di caratteristiche materne socio-demografiche e classi di BMI (anche se l’obesità di II e III grado è più frequente nel gruppo delle donne che hanno sviluppato ipertensione gestazionale). Unica eccezione è rappresentata dalla parità: il 50,6% delle donne con disordini ipertensivi era nullipara contro il 37,6% delle donne normotese (P value 0,02). Anche per quel che riguarda gli outcomes perinatali i due gruppi sono risultati sostanzialmente sovrapponibili; si sono registrate differenze statisticamente significative solamente in termini di incidenza di induzione al travaglio di parto (55,3% nelle ipertese vs 40,9% nelle normotese, P value 0,02) e di neonati SGA (12,9% nelle ipertese vs 6,9% nelle normotese, P value 0,03). Dall’analisi bioimpedenziometrica (BIA), invece, è emersa una differenza sostanziale di composizione corporea tra i due gruppi: le donne che hanno sviluppato ipertensione gestazionale, già dal primo trimestre presentavano valori più elevati di massa grassa (MG), massa magra (MM) e acqua sia totali che divise per distretti corporei (ad eccezione delle braccia in cui la differenza di composizione non è risultata statisticamente significativa). È stata quindi eseguita un’analisi di regressione logistica multivariata da cui è emerso che, a parità delle altre variabili, valori elevati di acqua corporea totale al primo trimestre predispongono ad un rischio maggiore di sviluppare ipertensione nel corso della gravidanza (OR 1,10), mentre valori elevati di MM, sempre a parità delle altre variabili e quindi anche a parità di acqua, svolgono un ruolo protettivo nei confronti della patologia ipertensiva. In conclusione, la BIA è un metodo veloce, semplice, non invasivo e poco costoso per valutare il contenuto totale di acqua e, in generale, la composizione corporea della donna gravida obesa. Grazie al suo utilizzo è possibile identificare fin dal primo trimestre le pazienti a rischio di sviluppare ipertensione gestazionale, con la possibilità monitorarle nel tempo e diagnosticare il più precocemente possibile l’insorgenza della patologia ipertensiva.
|