Riassunto analitico
Il cateterismo venoso centrale è una tecnica fondamentale in TIN, necessaria per la somministrazione di fluidi, nutrizione parenterale e farmaci e ogni qualvolta sia richiesto un accesso vascolare sicuro di lunga durata, quando il catetere venoso periferico non possa essere considerato una opzione valida. Ciò che differenzia infatti un catetere venoso centrale da un periferico è la centralità della punta, la quale deve necessariamente trovarsi tra il terzo inferiore della vena cava superiore e il terzo superiore dell’atrio destro, o in vena cava inferiore. Questa posizione permette di sostenere in maniera ottimale le cure del neonato ricoverato in terapia intensiva. In Neonatologia, i cateteri venosi centrali più frequentemente inseriti sono il CVO, il CICC e l'ECC. Nonostante il catetere venoso centrale rappresenti uno strumento fondamentale per il percorso terapeutico del neonato critico, prematuro e non, esso è gravato da numerose complicanze che possono essere suddivise in meccaniche e infettive; queste possono avere effetti clinici gravi con necessità di terapie antibiotiche e aumentati rischi di mortalità. Al fine di diminuire la percentuale di tali complicanze è necessario seguire dei bundle (pacchetti) aggiornati sull’utilizzo dei cateteri venosi centrali. Ciò implica adozione di tecniche efficaci per il controllo del posizionamento della punta del catetere, per una corretta gestione delle medicazioni e delle vie infusive e una pronta diagnosi e trattamento delle complicanze.Ci proponiamo di verificare retrospettivamente la tipologia, il posizionamento, il decorso e la frequenza delle complicanze dei cateteri venosi centrali nei neonati ricoverati nella TIN del Policlinico di Modena.Sono stati analizzati retrospettivamente i dati di 121 neonati ricoverati e un totale di 240 cateteri inseriti, durante un periodo di 12 mesi (01/09/19 – 31/08/20). Abbiamo condotto una analisi uni e multivariata dei fattori di rischio associati alla rimozione del catetere per complicanze di natura diversa (meccaniche, infettive, flogistico-locali). Sono stati inseriti 113 CVO, 105 ECC, 22 CICC. Si è trovata una significativa associazione tra l’età gestazionale e l’inserzione di un CVC con un p<0,000 e anche tra l’età gestazionale e l’inserzione di un CVO con p < 0,000. L’ECC si è inserito per un 66,7% negli arti superiori, l’84,3% degli ECC è stato controllato con Rx e il 39,8% era centrale. I CICC sono stati controllati con Rx nel 42,9% dei casi ed erano centrali l’88,9%. Il 97,1% dei CVO è stato controllato radiologicamente. Non si è trovato un p value significativo per nessuna di queste caratteristiche rispetto alla rimozione del catetere per complicanze. Si sono complicati il 10,6% di CVO, il 55,2% degli ECC e il 50,0% dei CICC. Sono state osservate solo complicanze meccaniche per i CVO, il 66,7% delle volte per dislocamento. Le complicanze degli ECC sono state meccaniche in 29 casi, infettive (sepsi in corso di cateterismo) in 15 casi e flogistico-locali in 14. I germi più frequenti causanti le sepsi in corso di ECC sono stati Staph. Epidermidis ed Ent. Cloacae. Le complicanze dei CICC sono state 4 dislocamenti, 4 sepsi in corso di cateterismo e 3 flebiti. Non si è trovato un p value significativo circa le complicanze dei cateteri studiati e l’età gestazionale. L’analisi univariata ha trovato che al diminuire del peso aumentava il rischio per rimozione per complicanze (p<0,008), smentito poi alla multivariata. Le analisi hanno poi mostrato una associazione tra tipo di catetere e rimozione non elettiva con un p < 0,001. Il CVO è risultato associato ad un ridotto numero complicanze che hanno portato alla rimozione, mentre l’ECC è maggiormente associato ad una rimozione non elettiva. Ulteriori studi sono consigliati al fine di approfondire la natura dei fattori di rischio associati alle complicanze catetere correlate.
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