Riassunto analitico
Negli ultimi decenni, la disponibilità sempre più limitata dei carburanti fossili, l’aumento del prezzo del petrolio e la sensibilizzazione della coscienza ambientale delle popolazioni stanno influenzando le politiche dei governi, le industrie e la scienza, a cercare alternative al petrolio ed ai suoi derivati fornendo soluzioni ecocompatibili e sostenibili. Ad oggi l’85-90 % delle plastiche prodotte è di origine petrolchimica, tuttavia in molti paesi è stata avviata la ricerca di nuovi materiali denominati “bioplastiche”: questi biopolimeri sono in grado di sostituire le materie plastiche sintetiche derivanti dal petrolio e hanno la principale caratteristica di essere biodegradabili, riducono l’impatto ambientale e sviluppano prodotti eco-sostenibili. Un altro grande problema che ha interessato la comunità scientifica riguarda lo smaltimento dell’elevata quantità di rifiuti ottenuti dalla filiera vitivinicola: la valorizzazione di tali sottoprodotti rappresenta un’opportunità per risolvere il problema dello smaltimento, e della necessità di investire in nuovi prodotti e sistemi sostenibili in grado di ridurre l’impatto ambientale. Diversi studi hanno dimostrato che i polimeri biodegradabili sono una valida alternativa nella soluzione per gestire i problemi relativi allo smaltimento di rifiuti agroalimentari e in particolare per le plastiche sintetiche. I materiali plastici realizzati con polimeri biodegradabili possiedono proprietà simili ai materiali plastici sintetici termoplastici convenzionali, come polipropilene. I poliidrossialcanoati (PHA) sono considerati un interessante biopolimero per la loro versatilità in termini di proprietà fisiche e caratteristiche chimiche; sono biodegradabili e sintetizzati per via batterica da materie prime rinnovabili. Il poliidrossibutirrato (PHB) è il prodotto maggiormente studiato della famiglia PHA e il primo che è stato prodotto su scala industriale. A causa dell’elevata fragilità e dello stretto range di temperature entro il quale avvengono sia la fusione che la degradazione, ma soprattutto a causa degli elevati costi di produzione, il PHB presenta forti limitazioni per la produzione industriale in larga scala. Per questa ragione gli scarti del mondo vitivinicoli, grazie al loro contenuto di polifenoli, possono essere impiegati come stabilizzanti termici per il PHB (sono antiossidanti naturali che vanno a sostituire i classici antiossidanti sintetici e sono in grado di mantenere il materiale 100% naturale) ma possono essere utilizzati come filler, riempitivi organici per produrre dei compound al fine modificare/migliorare le proprietà meccaniche e termiche e di diminuirne l’elevato costo. Lo scopo del presente lavoro di tesi è stato migliorare la stabilità termica e proprietà meccaniche del biopolimero esaminato (PHB) grazie all’incorporazione di additivi derivanti dagli scarti di filiera vitivinicola in particolare si sono utilizzati come scarti, i vinaccioli derivanti da uve bianche e uve rosse, e fecce derivanti da processi di fermentazione di uve rosse. Il campione di PHB non stabilizzato sul quale sono stati testati i suddetti scarti, è fornito da Bio-on, azienda per la quale è stata condotta questa ricerca. Preparati i compound, questi sono stati estrusi, pellettizzati e sono stati effettuati test meccanici e reologici per osservare come il processo di trasformazione influenza le proprietà del biopolimero. Il biopolimero è stato esaminato in 2 differenti modi: • Analisi dell’effetto di estratti polifenolici derivanti da vinaccioli di uva sulla stabilità termica del PHB tramite prove di Melt Flow Index (MFI) e Cromatografia a Permeazione di Gel (GPC). • Analisi dell’effetto delle fecce sulle proprietà meccaniche e termine del PHB tramite prova di trazione, Analisi Meccanico Dinamica (DMA) e Calorimetria Differenziale a Scansione (DSC).
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