Riassunto analitico
La tesi propone un breve excursus sulla letteratura per l’infanzia e nello specifico distingue tra la letteratura reader oriented e la letteratura source oriented, si sofferma sulla differenza che intercorre tra libro precetto e libro gioco e spiega le recenti conquiste delle scienze neurocognitive e le novità legate alla letteratura per l’infanzia. Obiettivo del presente studio è quello di riflettere e di far riflettere sulle più avanguardistiche proposte editoriali pensate per i più piccoli, analizzarne le caratteristiche grafiche, stilistiche e contenutistiche, studiarne il potenziale pedagogico e l’utilità sociale, e capirne il reale riscontro nel mondo del bambino. Considerando le principali tappe del percorso evolutivo del bambino, e nello specifico, del “bambino lettore”, la tesi si articola, dunque, sull’analisi di albi fruibili nelle diverse fasi della prima infanzia: si parte con i libri delle facce e, passando per la suggestione degli albi metafinzionali, si arriva alla complessità del silent book. I libri delle facce rappresentano, di fatto, elementi di collegamento dalla “lettura” del volto della mamma all’avvicinamento ai primi libri; gli albi metafinzionali sono quei libri in cui il bambino è chiamato a partecipare attivamente alla costruzione della storia (che senza il suo specifico intervento non si svilupperebbe) ed a vivere, così, una meravigliosa esperienza caratterizzata dalla commistione tra immaginazione e realtà; i silent books sono libri “silenti” in cui le immagini raccontano, stimolando, in modo altamente efficace, le potenzialità interpretative di ogni bambino. Con il presente studio ci si propone, da una parte, di considerare quanto la comunità letteraria abbia già evidenziato in merito a questo affascinante argomento, ma si vuole anche stimolare un percorso di lettura diretto e concreto, sfogliando e commentando le più belle pagine di albi esemplari. Proporre anche ai più piccoli l’esperienza della lettura è determinante per la loro crescita. La lettura, infatti, aiuta a comprendere la realtà e se stessi, arricchisce l’immaginazione, accresce il vocabolario iconico e verbale, predispone a tempi di attenzione più maturi; essa stimola lo sviluppo del pensiero divergente, cioè quella capacità di spostare il proprio punto di vista fuori dal sé per acquisirne di nuovi, cosa che, tra l’altro, prepara ad una futura intelligente gestione dei problemi e all’empatia; inoltre, la lettura condivisa incoraggia la cura delle dimensioni relazionale, sociale e affettiva, in quanto strumento di confronto di sensazioni, emozioni e sentimenti. Un educatore della scuola dell’infanzia che riconosca il valore della cultura visuale riuscirà certamente a preparare i bambini a meccanismi cognitivi ed emotivi futuri più complessi e ad allenare e formare dei piccoli lettori anche prima che questi abbiano le competenze per decifrare la scrittura. Ciò non significa insegnare a leggere prima del tempo, ma significa insegnare a capire. La cultura visuale gioca infatti un ruolo fondamentale nei processi di elaborazione del pensiero: le immagini vanno guardate, ma vanno anche osservate, lette, capite interpretate e la lettura delle immagini rappresenta una piattaforma di partenza suggestiva, divertente e magica verso lo sviluppo del sapere; allenare lo sguardo del bambino significa accompagnarlo addirittura oltre l’immagine e invitarlo a cogliere tutti i possibili richiami inviati al pensiero e all’immaginazione. Alla luce di tutto questo, occorre incentivare genitori ed educatori ad essere coraggiosi nei confronti dei bambini: non bisogna temere le immagini, soprattutto quelle complesse e poco stereotipate, come fonte di confusione nel pensiero dei più piccoli; anzi, le immagini raffinate stimolano i processi interpretativi che sviluppano le capacità cognitive dei bambini.
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