Riassunto analitico
Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di introdurre, analizzare e spiegare diversi punti di vista riguardo la mediazione culturale e l’interpretazione dialogica tratti dalla letteratura sul tema. Abbiamo visto che spesso le due espressioni vengono utilizzate per esprimere lo stesso concetto come sinonimi, altre volte, invece, sono usati distintamente. Questo avviene per sottolinearne le differenze, come per esempio il diverso profilo professionale riconosciuto per mediatori da una parte e interpreti dall’altra. Il primo capitolo è stato interamente dedicato ad una descrizione di quella che è la mediazione culturale, facendo particolare riferimento al caso italiano. Abbiamo visto che in Italia si usa maggiormente il termine mediazione culturale. Il dialogue interpreting in questo Paese non ha una tradizione ben definita, ma l’arrivo di molti migranti ha imposto alla società la ricerca di uno strumento per comunicare con persone di lingua e cultura diverse. Sempre nel primo capitolo si è parlato dei luoghi e dei tempi della mediazione, ossia dove è maggiormente praticata e richiesta la mediazione (ospedali, scuole, comuni) e quando l’intervento dei mediatori diventa necessario (visite mediche, incontri tra insegnanti e genitori, procedure per l’immigrazione). Nel secondo capitolo abbiamo cercato di spiegare come è nata e quali sono le caratteristiche di una delle tipologie di interpretazione dialogica, ossia l’interpretazione di comunità (per la quale abbiamo spesso usato il termine inglese community interpreting). E’ stato poi fatto un parallelo tra mediazione culturale e community interpreting da cui abbiamo potuto capire che le due attività hanno lo stesso scopo, si svolgono negli stessi luoghi, i soggetti partecipanti e il susseguirsi di eventi sono gli stessi, ma nascono da due scuole di pensiero e di formazione differenti. La differenza più evidente è nella definizione delle figure professionali, nel loro riconoscimento e nella loro formazione (che sia esso di tipo linguistico e culturale). Infine, nell’ultimo capitolo abbiamo confrontato le aspettative sul lavoro di un mediatore da una prospettiva prescrittiva (ciò che deve o gli viene richiesto di fare) e da una prospettiva descrittiva (come realmente un mediatore svolge i suoi compiti nell’interazione). Esistono, infatti, codici etici e di condotta che richiederebbero neutralità e massima fedeltà traduttiva al mediatore, ma nelle situazioni in cui quest’ultimo si ritrova a lavorare, a volte risulta difficile soddisfare queste richieste.
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Abstract
The aim of this work was to discuss some different perspectives on the issue of cultural mediation and dialogue interpreting. A first issue in this thesis is the actual introduction, description and explanation of such perspectives. In particular, it can be observed that the two mostly used expressions used to address this type of communication, cultural mediation and dialogue interpreting are sometimes used as synonymous and sometimes used to underline differences including those concerning professionalism of the mediators.
In the first chapter, cultural mediation has been described. In these pages we concentrate on the Italian situation, where cultural mediation rather than dialogue interpreting is normally used. Dialogue interpreting does not have a tradition in Italian institutions, but the arrival of many migrants made it increasingly relevant to think of an instrument to communicate with foreign people with different language and culture. Chapter 1 also deals with the main institutions where the cultural mediation is performed in Italy (hospitals, schools and public services like immigration offices) and the main occasions (women’s health and maternity, parent-teacher communication, immigration legal procedures).
In chapter 2 we deal with so-called community interpreting, a form of dialogue interpreting that is used in public institutions. It can be seen that the situations and purposes characterizing community interpreting are not far from the those characterizing cultural mediation, but the perspectives of services implementing one or the other are different particularly as related to the consequences they have on what is expected from the professionals involved.
The final chapter deals with a comparison between expectations concerning what interpreter-mediators should do and what they actually do during a communicative exchange. While these professionals are often expected to perform quasi literal translation and thus achieve an impartial role in communication, quasi literal translation can often not achieve adequate communication and more work is required on the part of the mediators to have the participants say what they want to say and translate them accordingly.
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