Riassunto analitico
Il marxismo di Basso rivisto in chiave internazionale Basso abbracciò un’interpretazione del marxismo denominata “umanistica”, profondamente influenzata dalle lezioni di Ugo Guido Mondolfo e dalle letture dei saggi di Rodolfo Mondolfo, un visione definita anche “idealistica”, “soggettivistica e volontaristica” .In questa nuova lettura della dottrina marxista un tratto fondamentale è la concezione della storia e il concetto della “prassi che si rovescia”. Partendo dalla concezione di Feuerbach, che secondo il Mondolfo non “concepisce l’uomo meramente passivo di fronte all’ambiente, né la conoscenza come pura funzione recettiva” ma al contrario “tratteggia una teoria della conoscenza come prassi” cioè frutto del “rapporto tra soggetto-oggetto” e non frutto “dell’individuo isolato, ma dell’umanità collettiva”. Già dunque per il Feuerbach “la società non è che il prodotto storico della prassi, la quale stimolata dal bisogno, cioè dall’ostacolo che le è apposto dal mondo esterno, si sviluppa indefinitamente in una successione ininterrotta di vittorie sugli ostacoli” . A questo punto Mondolfo prende le distanze dal Feuerbach per il quale questi ostacoli provengono esclusivamente dalla Natura ed ignora “le lotte compiute in seno all’umanità stessa” e secondo l’interpretazione che viene data di Marx, accolta dallo stesso Basso, opera un rovesciamento di questa prassi che porta a una visione dinamica della storia, non più come il solo rapporto uomo-natura, soggetto-oggetto, ma come il rapporto uomo-società-natura; la storia diventa “un continuo porsi e risolversi di contraddizioni, di lacerazioni interne” un “perenne conflitto di bisogni nuovi” prodotti dall’ambiente sociale che allo stesso tempo “li genera” e “li limita”. La società, in questa concezione, diviene uno dei protagonisti della storia ed insieme ad essa il momento collettivo, associativo e volontaristico diventano le cause scatenanti di diversi processi storici. In quest’ottica il soggetto non è considerato da un punto di vista individualistico e atomistico, come nella concezione liberale e positivistica, ma come “personalità, ciascuna diversa e distinta e ciascuna centro di confluenza di rapporti sociali economici e spirituali” , un soggetto quindi che trova la sua giustificazione e la sua specificità solo all’interno del contesto sociale in cui è inserito e nella comunità a cui appartiene. E’ da questa dimensione collettivistica del soggetto che Basso ricaverà l’idea di diritti dei popoli, diritti che si rivolgono ad una comunità ben definita, consapevole delle proprie tipicità e caratteristiche create da quei rapporti sociali ed economici che ne costituiscono la storia. Soggetto del diritto internazionale non può più essere solo l’individuo, considerato come unico destinatario dei diritti umani, slegato dal contesto sociale a cui appartiene, oppure gli Stati, in una visione ancora di westfaliana memoria, ma deve essere anche il popolo formato non più da tante unità slegate dal contesto, ma formato da “personalità” e cioè da soggetti che si giustificano in quel contesto sociale e territoriale nel quale si identificano e si formano, grazie a quelle radici storiche comuni e a tutta quella trama di rapporti sociali ed economici che li formano. Al fine di tutelare questa “specificità” Basso arriverà a teorizzare il diritto dei popoli, un diritto che ha come destinatario non più un singolo soggetto, ma una categoria di soggetti intesi nella loro totalità, come interdipendenti e legati al contesto sociale e storico al quale appartengono, e proprio in virtù di questa appartenenza unica e indissolubile devono essere tutelati.
|