Riassunto analitico
Nel corso degli anni il legislatore italiano ha introdotto nell’ordinamento diverse disposizioni avente ad oggetto l’aggressione patrimoniale nei confronti di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. Si è compreso che colpire i mafiosi sul piano economico, aggredendo i loro beni è fondamentale: il mafioso può mettere in conto di finire qualche anno in carcere, ma non può accettare di vedersi sottrarre i soldi, i beni, le aziende. Il lavoro svolto si è posto l’obiettivo di evidenziare le criticità inerenti l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati, mettendo in luce le possibili soluzioni. Si parte, quindi, dall’analisi delle misure di prevenzione patrimoniale di sequestro e confisca, per poi esaminare i vari soggetti che partecipano al procedimento, soffermandosi principalmente sull’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, organo centrale istituito per meglio coordinare i molteplici procedimenti avviati nel territorio nazionale. Infine viene posto l’accento su uno dei punti cardine della lotta alla criminalità organizzata, ovvero, la destinazione ai fini sociali del bene confiscato, introdotta dalla legge 109/96, su impulso dell’Associazione Libera. Le buone pratiche di quelle unioni dei cittadini che oggi con impegno e dedizione stanno operando per recuperare i beni che gli sono stati sottratti illegalmente sono l’esempio che la popolazione ha la volontà di riemergere e di collaborare per rendere produttivi i beni che diventano patrimonio collettivo. Pur risultando ancora evidenti le carenze normative, con un lavoro di coordinamento e con un forte impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti, è possibile migliorare e dimostrare di non essere piegati a un sistema che danneggia solamente il nostro Paese.
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