Riassunto analitico
La malattia di Parkinson (PD) è una condizione patologica che colpisce circa 230 mila persone in Italia, cifra destinata a raddoppiare entro il 2030 a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. La malattia ha un substrato anatomopatologico di degenerazione neuronale della sostanza nera (Substantia nigra pars compacta, Snpc) con una progressione graduale e un decorso prolungato. La levodopa rappresenta il farmaco di riferimento per la cura dei sintomi motori del PD. Tuttavia, in seguito a trattamento cronico, approssimativamente il 40% dei pazienti sviluppa movimenti involontari noti come “Discinesie indotte da L-dopa” (LID). Le forme più comuni di LID sono: le discinesie del periodo OFF (in corrispondenza dei livelli minimi di L-dopa), discinesie difasiche (si manifestano con l'aumento o la diminuzione della concentrazione della L-dopa ) e discinesie di picco della dose. Il grado di lesione nigro-striatale e l’azione della levodopa concorrono nell’indurre cambiamenti nella trasmissione corticostriatale che, in definitiva, possono alterare l’attività fisiologica dei circuiti striato-pallido, conducendo ad un modello anormale di attività neuronale, alla base delle LID. Le strategie terapeutiche attuali includono: la prevenzione delle discinesie mediante l'uso precoce di farmaci dopamino-agonisti e la riduzione del dosaggio di levodopa all'inizio della cura, la manipolazione della dose per stabilire un piano terapeutico ottimale riducendo le dosi di levodopa in quantità o frequenza, il miglioramento dell'assorbimento della levodopa tramite l'uso di preparazioni a rilascio controllato, l'inibizione degli enzimi catecol-O-metiltrasferasi (COMT) e monoaminossidasi B (MAO-B) rallentando così la degradazione di L-dopa nel plasma e aumentandone la biodisponibilità nel sangue, la somministrazione di amantidina, che rimane l'unico farmaco per cui siano stati dimostrati effetti antidiscinetici diretti e l'infusione dopaminergica continua, sistema generalmente ben tollerato ma con notevoli limitazioni pratiche. Sono state riprese in considerazione anche le tecniche chirurgiche, inizialmente utilizzate per la cura dei sintomi motori del morbo di Parkinson e successivamente accantonate a seguito dell’avvento della levodopa. In particolare è stata ripresa la stimolazione cerebrale profonda (DBS), cronica e ad alta frequenza, per mimare gli effetti della neurochirurgia ablativa. Questa riscoperta si è basata sulla prova che indicava che la parte interna del globo pallido (GPi) e il nucleo subtalamico (STN) sono iperattivi nel morbo di Parkinson e sugli studi sperimentali che hanno dimostrato come lesioni in queste strutture siano in grado di migliorare il Parkinson nei modelli animali. La stimolazione del STN e del GP consente di migliorare in maniera più decisa la rigidità, la bradicinesia, il tremore e, soprattutto, le discinesie. Inoltre, le continue nuove acquisizioni riguardanti la patofisiologia delle LID e l'evidenza crescente del coinvolgimento di sistemi non dopaminergici, aprono la possibilità a nuovi e promettenti approcci terapeutici. Sono attualmente in fase di sviluppo preclinico e clinico agenti che interferiscono con la neurotramissione glutamatergica (in particolare gli antagonisti dei recettori NMDA e AMPA del glutammato) serotoninergica, adenosinica, adrenergica e colinergica. Si auspica che tali approcci terapeutici innovativi portino in tempi rapidi a più fruttuosi risultati nel contrasto dell'effetto disabilitante delle discinesie come conseguenza del trattamento con levodopa.
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