Riassunto analitico
Nel corso del XX secolo sono emerse nuove discipline che, preoccupandosi del cervello e del suo funzionamento, cercano in esso le spiegazioni del comportamento umano. Se il diritto intende davvero occuparsi dell'uomo, non può continuare ad ignorare quello che le scoperte neuroscientifiche dicono attorno alla sua natura. L'aspetto sul quale si sono maggiormente soffermati i giuristi riguarda l'incidenza che le neuroscienze hanno sulla categoria dell'imputabilità e sull'elemento soggettivo del reato. Tuttavia, se quest'ultime dovessero dimostrare che siamo solo dei burattini manovrati dal sistema nervoso, libertà e responsabilità perderebbero il loro significato intrinseco. La conseguenza più devastante dal punto di vista giuridico è rappresentata dal sovvertimento complessivo dell’impianto del diritto penale, costruito sull'idea che la responsabilità possa essere predicata solo per atti che siano stati compiuti intenzionalmente dal soggetto, quindi riconducibili all'esercizio della sua libertà. Allo stesso modo, dal punto si vista filosofico, la mente non sarebbe più dotata di un'autonomia ontologica che trascenda l'attività elettrica che la esprime. Un'interpretazione che sembra non render conto della complessità dell'agire umano. Prendendo le mosse da queste considerazioni preliminari, il percorso di questa tesi si svilupperà lungo due direttrici, una giuridica e una etico-filosofica, accomunate dall'indagine volta a smentire l'assunzione per cui "noi siamo il nostro cervello".
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