Riassunto analitico
In meno di un decennio bitcoin è passato dall’ essere una valuta virtuale per criptoanarchici e fanatici delle innovazioni tecnologiche a protagonista del dibattito pubblico, divenendo oggetto delle preoccupazioni dei regolatori di molti paesi e dei dubbi di non pochi accademici. La capitalizzazione complessiva del mercato delle criptovalute ha raggiunto livelli inimmaginabili, si moltiplicano gli studi sulle possibili applicazioni della tecnologia sottostante, la blockchain, così come le interazioni fra bitcoin e l’economia reale. Regolatori e interpreti sottolineano che alla radicale innovazione apportata da Bitcoin al sistema degli scambi e degli investimenti di natura finanziaria corrisponda l’assenza di un quadro giuridico certo: ciò incide sulla possibilità di tutelare adeguatamente i risparmi dei cittadini e l’ordinato svolgimento degli scambi economici. Non si può tuttavia abdicare al tentativo di individuare una disciplina applicabile a bitcoin e alle relative attività, anzi, a ben vedere, l'ordinamento nazionale ed europeo presentano categorie, istituti e soluzioni idonei ad accogliere bitcoin e i servizi sorti in funzione dell'utilizzo, della conversione e dello scambio di esso. Attraverso una meticolosa analisi di fonti legislative, giurisprudenziali, dottrinali e dei pareri delle autorità indipendenti si è giunti a qualificare bitcoin come moneta alternativa, priva di corso legale, la cui accettazione ha basi puramente contrattuali, laddove prevalga il suo utilizzo come mezzo di pagamento convenzionale; laddove invece sia preponderante la natura di investimento finanziario, bitcoin e' da considerarsi un prodotto finanziario. Le posizioni assunte trovano conferma nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea di Ottobre 2015 (n. 264 del 2014), in quella più recente del Tribunale di Verona (n. 195 del 2017), nelle nuove norme in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento al terrorismo (Dlgs. n. 231 del 2007) e in quelle dedicate ai cambiavalute (Dlgs. n. 41 del 2010), nonché in una serie di delibere della Consob. Il contributo originale che questa tesi intende fornire al dibattito su bitcoin ha ad oggetto due profili: da un lato, se sia ipotizzabile nelle attività svolte dai prestatori di servizi relativi alle criptovalute un esercizio abusivo di intermediazione finanziaria; dall'altro, la possibilità di sottoporre queste ultime ad una forma di intervento da parte delle autorità di vigilanza, qualora rappresentino una minaccia per gli investitori e per l'integrità del mercato finanziario. Inoltre, l'indagine sull’inquadramento giuridico di bitcoin – particolarmente difficoltosa per il suo carattere multidisciplinare – è l’occasione per riflettere sulla funzione svolta dalla categoria “prodotto finanziario” nel nostro ordinamento e su modelli di tutela che sono stati recentemente messi in discussione, come quello della vigilanza sugli intermediari finanziari. Il fenomeno delle criptovalute è l'emblema del cambiamento che la financial technology impone ai regolatori: è necessario abbandonare categorie asfittiche e l'approccio "casistico" tipico del legislatore europeo, a favore di soluzioni normative che consentano un più efficace e libero dialogo fra la norma e una realtà economica che muta sempre più rapidamente.
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