Riassunto analitico
L’ordinamento italiano, a differenza di altri sistemi giudiziari, non ha accolto il principio della tassatività dei mezzi di prova, prevedendo una norma ad hoc, l’art. 189 c.p.p., con la quale consentire l’ingresso nel procedimento di prove non disciplinate dalla legge. La norma pone due criteri di ammissione di una prova non disciplinata dalla legge, per evitare l’introduzione incondizionata nel procedimento di qualsivoglia strumento probatorio: la prova deve risultare idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti e non deve essere lesiva della libertà morale della persona. La prova atipica deve inoltre rispettare i criteri generali sanciti all’art. 190 c.p.p. e valevoli per le prove tipiche. Una volta stabilito che lo strumento probatorio atipico rispetta tutti i crismi legislativamente fissati, il giudice deve procedere a determinare le modalità di ammissione previo contraddittorio delle parti. Le prove atipiche sono spesso impiegate nei procedimenti penali, perché permettono di addivenire a risultati che sarebbero altrimenti impossibili se ci si limitasse al solo utilizzo dei mezzi probatori tipizzati. Questa situazione si è legittimamente verificata in ragione di un dato oggettivo: da quando è stato redatto l’attuale codice di procedura penale, nel 1988, il panorama probatorio non solo italiano, ma mondiale, ha conosciuto un notevole sviluppo, soprattutto in campo tecnologico, il che ha permesso il sorgere di strumenti di prova impensabili all’epoca della stesura del codice e che dunque, per questo motivo, non erano stati contemplati dal legislatore. Questo discorso vale ancor di più con riferimento alle prove cosiddette scientifiche, vale a dire quei mezzi probatori che appartengono all’ambito tecnico-scientifico, campo che ha conosciuto un imponente progresso nel corso degli ultimi decenni. Nell’ambito ampio della prova scientifica genericamente intesa, è opportuno dedicare particolare attenzione alla cosiddetta prova scientifica “nuova”, categoria che ricomprende gli strumenti probatori scientifici dotati di caratteristiche specifiche quali appunto la novità, che può riferirsi sia all’ambito scientifico sia a quello giuridico, oppure ad entrambi, e la controversia, cioè la non totale accettazione da parte della comunità tecnico-scientifica di riferimento in ragione della loro complessità ed innovatività. Il ricorso a questo tipo di prove richiede competenze specialistiche che non possono essere proprie dell’organo giudicante chiamato a valutarle direttamente: per questo motivo, nella maggior parte dei casi in cui il procedimento necessita dell’impiego di uno strumento probatorio scientifico nuovo o controverso, il giudice sarà affiancato da un esperto, perito o consulente tecnico di parte, che possa illustrare le metodologie seguite per l’espletamento dell’operazione probatoria ed i risultati così raggiunti. Spetterà poi sempre al giudice in ultima istanza valutare tali risultati e pervenire infine ad una decisione. La riconduzione della prova scientifica, sia comune che nuova, all’alveo delle prove atipiche è tema da sempre dibattuto. La dottrina maggioritaria ritiene che l’applicazione anche a questa categoria probatoria dell’art. 189 c.p.p. consenta in sostanza una maggiore flessibilità del sistema nei confronti di una prova complessa quale quella scientifica. I mezzi di prova scientifici, in realtà, si rivelano per loro natura più che altro estranei al catalogo legale poiché appartengono al campo in continua evoluzione delle ricerche tecnologiche ed in quanto tali esorbitano dalla competenza della normazione legislativa. Pertanto la legge deve limitarsi a regolare i presupposti e le modalità del loro impiego, scopo cui mira l’art. 189 c.p.p., rimettendosi invece a scienza e tecnica in merito alla loro individuazione.
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