Riassunto analitico
Il presente lavoro, dopo aver delineato le peculiarità del processo penale minorile, si occupa dell’irrilevanza del fatto e della sospensione del processo con messa alla prova che, oltre a rappresentare le novità più significative della riforma in campo processuale minorile, sono state recentemente prese a modello per introdurre omologhi istituti nel processo ordinario, con gli opportuni adeguamenti. Dopo aver effettuato una breve analisi dell’evoluzione storica della giurisdizione penale minorile e delle principali fonti sovranazionali che hanno ispirato la riforma di tale processo, introdotta dal d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448, sono stati descritti dapprima i principi che regolano il rapporto tra la disciplina processualistica minorile e quella ordinaria, poi quelli che maggiormente caratterizzano quest’ultima. Sono state inoltre delineate le diverse teorie concernenti la «finalità educativa» del processo penale minorile. La trattazione prosegue con l’analisi della sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, prevista dall’art. 27 d.p.r. 448/1988 e della sospensione del processo con messa alla prova, regolata dagli artt. 28 e 29 d.p.r. 448/1988. Entrambi si collocano al confine tra il diritto penale processuale e il diritto penale sostanziale e rispondono all’esigenza di introdurre negli ordinamenti nazionali delle misure di diversion. Rispetto all’irrilevanza del fatto, dopo averne specificato la ratio e aver ripercorso le pronunce di incostituzionalità che hanno condotto l’art. 27 d.p.r. 448/1988 alla sua formulazione attuale, sono stati descritti dapprima i presupposti espliciti di applicabilità dell’istituto (la tenuità del fatto, l’occasionalità del comportamento e il pregiudizio per le esigenze educative in caso di prosecuzione del processo), ponendo particolare attenzione al contributo che sia la giurisprudenza sia la dottrina hanno offerto per delinearne la fisionomia; sono stati successivamente analizzati i presupposti impliciti richiesti per la pronuncia di tale sentenza, quali l’imputabilità del minorenne, l’accertamento della sua responsabilità, la mancanza dei presupposti per l’archiviazione, nonché il consenso del giovane. In seguito l’attenzione è stata riposta sui profili processuali dell’istituto e sul confronto fra l’irrilevanza del fatto nel processo penale minorile e altri due istituti che ad essa si sono ispirati, relativi al processo degli adulti. Si tratta della particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 in materia di giurisdizione di pace e della particolare tenuità del fatto prevista dal nuovo art. 131 bis c.p. Della messa alla prova dell’imputato minorenne, definibile come una misura di probation processuale, ne è stata inizialmente analizzata la ratio, per poi prenderne in esame i presupposti applicativi sia espliciti (la valutazione discrezionale del giudice e l’audizione delle parti) che impliciti (la responsabilità dell’imputato, la sua capacità di intendere e di volere e il suo consenso) e delinearne l’ambito di applicabilità, nonché le difficoltà incontrate nella sua predisposizione, soprattutto rispetto ai minori stranieri. Dopo aver effettuato un raffronto tra la probation minorile e altri istituti, quali il perdono giudiziale, l’irrilevanza del fatto, la sospensione condizionale della pena, l’affidamento in prova al servizio sociale e l’estinzione del reato ex art. 35 d.lgs. 274/2000, sono stati analizzati i profili processuali della messa alla prova. In conclusione, è stata effettuata una riflessione sulla mediazione nel processo penale minorile collocabile tra le prescrizioni riparativo-conciliative previste dall’art. 28 d.p.r. 448/1988 ed è stato fatto un confronto tra la probation minorile e la messa alla prova degli adulti, recentemente introdotta dalla legge 28 aprile 2014, n. 67.
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