Riassunto analitico
La depressione è una delle malattie neuropsichiatriche più frequenti nel mondo occidentale, secondo le stime dell’OMS ne soffrono 322 milioni di persone e la sua incidenza è aumentata del 18,4% nell’ultimo decennio. La sua eziologia non è stata ancora completamente compresa e poiché gli antidepressivi disponibili non sono riusciti a raggiungere l’obiettivo della completa remissione della patologia, la diversificazione della terapia potrebbe rappresentare un contributo utile. Sono molteplici le evidenze che sembrano indicare nella carenza di vitamina D un possibile fattore di rischio. In particolare, l’attività del calcitriolo nell'ippocampo, ipotalamo, talamo, corteccia e substantia nigra, ha spinto la ricerca ad approfondire il ruolo determinante che questa vitamina potrebbe avere in diverse condizioni neurologiche tra cui, appunto, la depressione maggiore e un disturbo con il quale presenta dei tratti comuni, ovvero il disordine affettivo stagionale (SAD). Lo scopo della mia tesi è stato quello di analizzare le suddette evidenze scientifiche che indicherebbero la carenza di vitamina D come un possibile fattore di rischio per depressione e SAD. Diversi studi dimostrano come l’integrazione di colecalciferolo abbia dato risultati positivi nel miglioramento della sintomatologia, sia singolarmente che associato a un antidepressivo come la fluoxetina. Inoltre, la ricerca ha anche fatto luce sui possibili meccanismi alla base di questo potenziale della vitamina D, dimostrando la sua influenza su alcune attività cerebrali che, secondo le ipotesi attualmente accettate, se alterate costituiscono le basi della patogenesi depressiva. In particolare, il colecalciferolo ha dimostrato di inibire la trascrizione genica del trasportatore della serotonina (SERT) e dell’enzima monoamino ossidasi A (MAO-A), responsabili rispettivamente del reuptake e del catabolismo. Promuove l’espressione della triptofano idrossilasi (THP-2) enzima che catalizza la tappa limitante nella biosintesi sempre della serotonina, ma anche della tirosina idrossilasi per le catecolamine. Regola l’espressione del trasportatore della Dopamina (DAT) e mantiene livelli normali di acido γ-aminobutirrico (GABA), di glutammato decarbossilasi (GAD), di glutammato e glutammina. La sua attività antidepressiva potrebbe essere spiegata anche con il contributo della vitamina D nella modulazione dello stress ossidativo, sul quale agirebbe stimolando l’attività di alcuni antiossidanti endogeni (glutatione,super ossido dismutasi, catalasi). E’ stata dimostrata la sua capacità di ridurre i livelli di specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, e di alcune citochine pro-infiammatorie come l’Interleuchina 6 e il fattore di necrosi tumorale (TNFα). La sua nota azione nel mantenimento dell’omeostasi del calcio potrebbe avere un ruolo determinante in una patologia come la depressione, essendo questo ione coinvolto nei processi di degenerazione delle cellule cerebrali: livelli elevati citoplasmatici di Ca2+ sono associati a un’alterazione dell’equilibrio tra neuroni inibitori ed eccitatori. La vitamina D, infine, ha una funzione importante nella crescita e differenziazione neuronale. Un altro dato che è emerso da questi studi è che esiste una fascia di popolazione particolarmente a rischio rappresentata dagli anziani a causa della loro scarsa esposizione solare e della ridotta sintesi cutanea, ma anche l’obesità predispone a carenze di vitamina D, così come patologie epatiche e renali. Quindi la vitamina D non dovrebbe essere più considerata solo come una vitamina liposolubile utile per l’integrità delle ossa, ma sembrerebbe assumere un ruolo molto importante per la salute mentale e la qualità della vita dell’uomo.
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