Riassunto analitico
Il presente elaborato si prefigge di analizzare il divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti all’interno del Convenzione europea dei diritti dell’uomo e alla luce della giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Innanzitutto, la trattazione si dedica ad individuare il contenuto delle nozioni di “tortura”, “trattamenti”, “pene”, “inumani e degradanti”, nonché a spiegare la loro sottile differenza in virtù del concetto di “soglia minima di gravità” elaborato dalla Corte e le condotte vietate ai sensi dell’articolo 3. Inoltre, si concentrerà ad analizzare il contenuto della Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti e l’attività preventiva svolta dal Comitato. Successivamente, il secondo capitolo contiene una riflessione in merito al concetto di “diritto assoluto” e alla sua applicazione all’articolo in esame, talvolta inficiata da una serie di principi, quali dell’effetto utile, di proporzionalità o del margine di apprezzamento, che introducono necessariamente un carattere di relatività e la spiegazione dell’evoluzione degli obblighi positivi in capo agli Stati grazie all’attività della Corte. L’elaborato prosegue nella trattazione dell’evoluzione giurisprudenziale dell’articolo 3 della Convenzione per opera degli organi di tutela di Strasburgo ed, in particolare, analizza il principio di non-refoulement, le pratiche dei respingimenti collettivi in alto mare, le “extraordinary renditions” e il valore delle assicurazioni diplomatiche, alla luce delle sentenze più rilevanti della Corte, tra cui emergono le sentenze Saadi, Hirsi-Jamaa ed El-Masri. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato all’analisi della recentissima sentenza della Corte sulle violenze perpetuate nella scuola Diaz (caso Cestaro v. Italy) del 9 aprile 2015 e alla riflessione in merito all’assenza del reato di tortura nella legislazione italiana, in contrasto agli obblighi da essa assunti a livello internazionale.
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