Riassunto analitico
La tesi rappresenta un «viaggio» all’interno del microcosmo delle associazioni mafiose, che da secoli sono radicate nel nostro Paese. La struttura delle organizzazioni criminali si caratterizza per l’omertà e per i vincoli di assoggettamento che le stesse impongono ai loro associati. Alle persone estranee, quali potrebbero essere gli inquirenti, è proibito avere informazioni sulla struttura interna e sulle gerarchie di potere di tali sodalizi criminosi. L’unico modo che lo Stato ha per conoscere e, di conseguenza, cercare di annientare il fenomeno mafioso è servirsi degli stessi criminali che di quelle associazioni hanno fanno parte. Il collaboratore di giustizia diventa, da un lato, un criminale utile all’Autorità Giudiziaria per lo svolgimento e il buon esito delle indagini, poiché attraverso le sue dichiarazioni fornisce informazioni che consentono di completare i risultati raccolti con le intercettazioni sia telefoniche che ambientali, che sono il mezzo di ricerca della prova più utilizzato nei reati di criminalità organizzata; dall’altro, rompe il vincolo di omertà e gli viene attribuita la qualifica di «infame» da parte dei suoi ex compagni, appartenenti all’organizzazione. Per tale motivo, il «pentito» è esposto al rischio di ritorsioni non solo per sé, ma anche per la sua famiglia. La collaborazione con la giustizia assume le sembianze di un «contratto», con il quale il pentito e il Pubblico Ministero si fanno reciproche concessioni. Il pentito fornisce all’Autorità Giudiziaria informazioni non rinvenibili in altro modo; il Pubblico Ministero, in cambio, concede al pentito sconti di pena, benefici penitenziari e misure di protezione per sé e per la sua famiglia, se le dichiarazioni sono tali da far loro correre un pericolo attuale e concreto, in grado di creare un grave pregiudizio alla vita. La prima legge sulla collaborazione con la giustizia è la legge 15 marzo 1991 n. 82, modificata dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45. Lo Stato è ben cosciente dell’utilità delle delazioni nella lotta contro la mafia, ma allo stesso tempo vuole tutelarsi dalle menzogne piuttosto scontate di quei collaboratori che decidono di collaborare al solo fine di ottenere i premi previsti dal sistema. A tal fine, la nuova legge sulla collaborazione introduce alcuni strumenti di controllo dell’attendibilità delle dichiarazioni che il pentito rende durante la fase delle indagini preliminari, quali il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, l’inutilizzabilità delle dichiarazioni tardive, i riscontri c.d. individualizzanti per la valutazione delle dichiarazioni nella chiamata in correità, l’assunzione di obblighi nel momento in cui il soggetto si decide a collaborare, la revoca dei benefici già concessi. Qualora, invece, le dichiarazioni siano rese in dibattimento, è il contraddittorio a fungere da strumento di controllo dell’affidabilità del narrante. Il pentito deve essere tenuto distinto dalla figura del «testimone di giustizia».
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