Riassunto analitico
Nelle province di Modena e Reggio Emilia, dall’inizio del 2015 sono state avviate più di cento procedure concorsuali che, alla luce del difficile contesto economico che sta attraversando il nostro Paese, sono un campanello d’allarme che non deve essere ignorato. Questo breve contributo si pone l’obbiettivo di delineare, per brevi tratti, la procedura di concordato preventivo in continuità aziendale, quale strumento nelle mani dell’imprenditore, per superare la crisi d’impresa. L’introduzione della continuità aziendale rappresenta una scelta di politica economica mirante alla salvaguardia delle imprese che operano sul mercato, sacrificando principi in passato considerati irrinunciabili, primo fra tutti quello della par condicio creditorum. La norma di riferimento è l’art. 186 bis, introdotto nella legge fallimentare dal d. l. 22 giugno 2012, n. 83, come modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134. L’imprenditore “onesto ma sfortunato” optando per un concordato con continuità aziendale, può accedere ad una serie di benefici che incentivano la prosecuzione dell’attività d’impresa a discapito di soluzioni meramente liquidatorie. La continuazione dell’attività d’impresa può essere realizzata mediante tre diverse forme: prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dello stesso imprenditore-debitore; cessione dell’azienda in esercizio; infine il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società anche di nuova costituzione. Alla luce del recente dibattito dottrinale e giurisprudenziale, si configura continuità aziendale anche nell’ipotesi di affitto d’azienda, che consente all’impresa di non perdere quell’efficienza e quella funzionalità che sono indispensabili a mantenerla in vita in vista del successivo trasferimento o conferimento. Analizzando i benefici concessi dalla continuità aziendale, non si può non notare che il principio della par condicio creditorum viene sacrificato in vista di un interesse che può essere definito “collettivo” quale la salvaguardia delle imprese che operano nel sistema economico. Permettere all’imprenditore in crisi, previa autorizzazione del Tribunale, di pagare fuori concorso i fornitori di beni e servizi essenziali e strategici per l’impresa, consente di mantenere quel tessuto di relazioni economiche e finanziarie indispensabili al sostentamento dell’azienda. Nel momento in cui l’impresa dovesse vedersi interrotte le forniture a causa di mancati pagamenti, non le resterebbe altra soluzione che cessare la propria attività. Proseguendo, la moratoria del pagamento dei crediti muniti di privilegio, pegno e ipoteca, consente di pagare i creditori trascorso un anno dall’omologazione del concordato. Infine, una profonda innovazione si riscontra in tema di prosecuzione nei contratti pendenti al momento della presentazione della domanda di concordato e di partecipazione alle procedure di gara per l’assegnazione di contratti pubblici. Rispetto alla disciplina precedente la riforma, è stato compiuto un notevole passo avanti finalizzato a facilitare i rapporti tra l’impresa in difficoltà e i soggetti che con essa hanno concluso o intendono concludere contratti. I rapporti pendenti non vengono interrotti per il solo fatto che l’impresa sia stata ammessa ad un concordato preventivo ma, proprio nel caso di un concordato in continuità aziendale, l’impresa può decidere di proseguire i contratti in corso che prima della riforma venivano interrotti. L’impresa in concordato preventivo in continuità aziendale può partecipare a procedure di gara per l’assegnazione di contratti pubblici, anche con la P.A. Concludendo, le innovazioni previste dal Decreto Sviluppo pongono il “bene impresa” sotto una diversa luce: essa è un bene collettivo di utilità pubblica e non più soltanto privata che deve essere salvaguardata e protetta sacrificando anche interessi individuali.
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