Riassunto analitico
L’invecchiamento della popolazione è un processo ormai noto a tutti, caratterizzato da una ridistribuzione demografica che vede la proporzione di anziani crescere a dismisura. In questo contesto quello su cui ci siamo soffermati maggiormente è l’invecchiamento dell’apparato cardiovascolare, che predispone a diverse patologie, fra le quali la fibrillazione atriale, la più comune aritmia cardiaca riscontrabile durante la pratica clinica. Nel nostro studio ci siamo occupati di confrontare il tipo di terapia anticoagulante considerando le diverse caratteristiche dei pazienti nei vari gruppi. I dati analizzati sono stati raccolti nell’ambito dell’ambulatorio di Cardiogeriatria a Baggiovara, tramite visite strutturate in indagine anamnestica, valutazione strumentale (ECG e pressioni) ed esame obiettivo. Abbiamo considerato una popolazione di 1845 pazienti, procedendo inizialmente ad una suddivisione in due gruppi: chi non fa terapia anticoagulante (1573 soggetti) e chi fa terapia anticoagulante (272 soggetti). Successivamente abbiamo ulteriormente stratificato il gruppo dei pazienti in OAC in chi assume warfarin e chi assume un DOAC. Per quanto riguarda il primo confronto considerato (chi è in terapia anticoagulante e chi no), questo studio ha evidenziato un’età media più elevata fra i soggetti che assumono anticoagulanti (79,3 rispetto a 76,7), segnando una tendenza al non sospendere queste terapie nel paziente geriatrico e quindi in contrapposizione alla pratica dell’ageismo. Nella valutazione delle patologie anamnestiche si è vista una forte correlazione con le patologie riguardanti il distretto cardiovascolare (ipertensione, cardiopatia aritmica) con prevalenze maggiori nei soggetti in terapia anticoagulante; anche ictus, ipertiroidismo ed insufficienza renale sono risultati significativamente più frequenti in questo gruppo. Nell’ambito dell’assunzione di altri farmaci è emersa una correlazione fra gli anticoagulanti e i farmaci implicati nella terapia dello scompenso cardiaco (diuretici, sartani, beta-bloccanti); prevalenze minori si hanno invece per farmaci associati ad un maggiore rischio di sanguinamento e/o caduta (antiaggreganti, benzodiazepine, FANS). Confrontando invece più nello specifico il tipo di terapia anticoagulante, per le patologie anamnestiche, è emerso come i pazienti in terapia con DOAC rispetto a quelli con warfarin presentino delle prevalenze maggiori per quel che riguarda il distretto cardiovascolare (ipertensione, patologia vascolare) e per l’ictus (avendo una protezione maggiore i DOAC sono più indicati in questi pazienti); allo stesso tempo il quadro generale indica come i pazienti in terapia coi DOAC nel nostro studio godano di uno stato generale di salute migliore, con minori prevalenze delle altre varie patologie (demenza, depressione, diabete). Quest’ultimo dato è riconfermato anche dai dati sui farmaci assunti, che evidenziano una minore somministrazione di farmaci per lo scompenso cardiaco (diuretici, ace-inibitori, nitroderivati, digitale) nei pazienti in DOAC, con un’unica eccezione per i beta-bloccanti utilizzati anche nella FA per la gestione della frequenza; allo stesso tempo, dei farmaci per i quali spesso viene valutata la sospensione nel paziente geriatrico per i rischi annessi (statine, benzodiazepine, antidepressivi, FANS) presentano delle prevalenze maggiori nel gruppo dei DOAC, a testimonianza del migliore stato di salute globale. In questo secondo confronto abbiamo aggiunto come variabili analizzate anche le prevalenze dei sintomi di scompenso cardiaco nei due gruppi, che hanno riconfermato tutte le nostre aspettative sullo stato di salute e sul fatto che i pazienti in terapia con DOAC siamo meno scompensati di quelli con warfarin.
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