Riassunto analitico
Con questo lavoro intendo celebrare Fernand Deligny, figura emblematica per il mondo dell’educazione. Educatore, pedagogo, filosofo, scrittore e cineasta, vive in Francia tra il 1913 e il 1996, un arco temporale che copre gran parte del XX secolo. Poco conosciuto in Italia, a causa di molte opere mai tradotte, merita essere ripreso e riproposto. Tutto ruota attorno l'infanzia disadattata: dalle profonde cicatrici che ha lasciato la guerra fino a giungere al mondo dell’autismo. Si possono isolare due grandi periodi della vita di questo autore: da una parte le esperienze istituzionali, principalmente in ambiente urbano, con giovani delinquenti e psicotici; dall’altra il “tentativo” delle Cévennes incentrato, appunto, sull’autismo, che prende forma a partire dal 1967. A questi due periodi corrispondono due differenti posture della scrittura: la prima fa capo ad una forma di racconto più tradizionale, molto vicina alla scuola moderna di Célestin Freinet; la seconda ad una forma di saggio pedagogico-poetico che coinvolge molteplici forme documentarie, fotografie, video e film. In questo secondo periodo la cinepresa assumerà un ruolo fondamentale. I titoli dei paragrafi e molte citazioni sono riportati in francese, sia perché molti testi dell’autore (come detto precedentemente) sono reperibili esclusivamente nella loro lingua originale, sia per la bellezza di questa lingua. Molti termini, infatti, se tradotti in italiano, perderebbero di significato. Riscoprire Fernand Deligny potrebbe risultare un’importante occasione per riflettere sul mondo di oggi, poiché, appare molto vicino alla nostra epoca. Dobbiamo tenere a mente che, secondo questo autore, l’educazione va aldilà della semplice questione della diagnosi. Egli crede nella vita ordinaria più che nelle istituzioni educative ed infermieristiche e a noi non resta che imparare dalle sue pratiche. Influenzato delle teorie di Henri Wallon, Deligny si pone come obiettivo principale quello di costruire la personalità del bambino, confida nelle circostanze e per questo motivo le reinventa costantemente. Il silenzio è per lui un privilegio e il linguaggio, da sempre etichettato come ciò che contraddistingue ogni essere umano da un qualsiasi altro essere animale, verrà svalorizzato. Quella di Fernand Deligny è una pedagogia che va controcorrente. Egli formula una critica al soggetto, basata sulla comunicazione non-verbale, per questo motivo molto vicina alla filosofia di Gilles Deleuze e Félix Guattari. Sarà Janmari, un ragazzo di dodici anni che non ha mai pronunciato una parola, a rappresentare l’essenza di tutti i suoi lavori. Affronteremo un percorso alla scoperta di racconti, film e linee d’erranza (un metodo ideato dallo stesso autore per tracciare i percorsi, gli spostamenti dei suoi bambini). Scopriremo, inoltre, la sottile differenza tra ciò che è l’agire e quello che è il fare. La pedagogia di Fernand Deligny è un inno alla libertà d’espressione, un inno alla diversità. Allontanato troppo in fretta dal settore filosofico-pedagogico, merita una lettura più attenta e riflessiva. In questo mondo più che mai tecnologico, in questo periodo dove un po' tutti abbiamo fatto un’indigestione di media, riproporrei Fernand Deligny come una possibilità da accostare a tutti quei dispositivi che ormai, inevitabilmente, fanno parte di ogni scuola. Riproporrei Fernand Deligny come sfondo etico ad ogni intervento educativo.
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