Riassunto analitico
Nella provincia di Hubei, in Cina, nel dicembre 2019 esplose un’emergenza sanitaria a causa di un nuovo coronavirus, denominato COVID-19 (Corona Virus Disease) dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 2020). In Italia venne dichiarato formalmente lo stato di emergenza pre-pandemica il 31 gennaio 2020 (Delibera del Consiglio dei ministri), ma, in seguito alla scoperta di numerosi cluster nel nord del Paese, il 23 febbraio 2020 il Presidente del Consiglio firmò il decreto-legge n. 6 recante «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19». Esso prevedeva misure drastiche di contenimento della diffusione del virus, fra le quali era inclusa la sospensione dell’attività scolastica in presenza. Nonostante la comunità scientifica sia concorde nel sostenere che la popolazione in età pediatrica e adolescenziale sia meno vulnerabile agli effetti diretti del virus, essa ha subito un repentino cambiamento della qualità della vita a prescindere dallo stato psicosociale di partenza (Feldstein et al., 2020; Götzinger et al., 2020; Blanco-Melo et al., 2020; Ministero della Salute, 2021; Istituto Gaslini, 2021). Le misure di contenimento del virus, infatti, hanno inciso fortemente sulle abitudini di vita dei minori, provocando un peggioramento in numerose aree di vita, in particolare in quella relativa al rendimento scolastico (Boutzoukas et al., 2021). Per i motivi sopra descritti, si è scelto di realizzare un’indagine volta a indagare come le famiglie e il mondo della scuola abbiano reagito alla sospensione dell’attività scolastica in presenza durante il periodo di confinamento del 2020 (D.L n. 6. del 23 febbraio 2020). Gli strumenti su cui si è innestato il progetto di ricerca sono state due interviste (rivolte rispettivamente agli insegnanti e ai genitori) da me realizzate e supervisionate dalla prof.ssa Cadamuro, Professoressa di psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. L’oggetto dell’indagine è stato applicato ad una specifica sottopopolazione scolastica: i bambini affetti da disturbo dello spettro autistico. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (2020), il distress legato alla pandemia e alle misure di contenimento può arrecare, soprattutto nei soggetti affetti da autismo, un significativo peggioramento della sintomatologia e delle condizioni di vita. Questi soggetti sono, infatti, particolarmente vulnerabili e a rischio a causa delle loro difficoltà comunicative, della frequente presenza di disabilità intellettiva, dell’estremo disagio nei cambiamenti di routine e dei contesti ambientali e dell’estremo rischio di sviluppare co-morbilità psichiatriche (ISS, 2020; Bertelli, 2020). Dai risultati dell’indagine è emerso che durante il lockdown del 2020 quasi la metà dei bambini affetti da disturbo dello spettro autistico non ha seguito le lezioni durante la didattica a distanza e che in un terzo dei casi non è stato adottato un programma scolastico individualizzato per tale sottopopolazione infantile. All’interno della popolazione presa in esame, tuttavia, sono state riscontrate alcune differenze in base al criterio del funzionamento cognitivo: contrariamente ai soggetti a basso funzionamento, la maggioranza degli alunni ad alto funzionamento ha seguito le lezioni da remoto godendo di un programma individualizzato e, al rientro a settembre, ha ottenuto un complessivo miglioramento negli apprendimenti. Infine, durante il lockdown avvenuto nel mese di marzo del 2021, poco meno della metà delle famiglie con a carico un bambino affetto da disturbo autistico ad alto funzionamento ha deciso di optare per la didattica a distanza durante la sospensione degli apprendimenti del 2021 (Decreto firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Draghi); le famiglie degli alunni a basso funzionamento, invece ,hanno tutte preferito la didattica in presenza.
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