Riassunto analitico
OMALIZUMAB NEL TRATTAMENTO DELL’ORTICARIA CRONICA SPONTANEA L’orticaria cronica spontanea (chronicspontaneous urticaria, CSU) insorge spontaneamente, senza che sia riconosibile uno specifico fattore scatenante esterno. A discapito della sua natura spesso benigna, la CSU è una malattia che impatta notevolmente sulla qualità di vita ed è di non facile trattamento. Per anni gli antistaminici hanno rappresentato l’approccio terapeutico standard. Recentemente, i nuovi farmaci biologici, tra cui in particolare l’Omalizumab, hanno mostrato un ottimo tasso di risposta globale e un buon profilo di tossicità, modificando la storia naturale soprattutto dei pazienti resistenti alle terapie standard, e con una lunga storia di malattia sintomatica alle spalle. Omalizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato derivato dal DNA ricombinato che si lega in maniera selettiva all’IgE umana (rhuMab-E25, poi omalizumab). Omalizumab è stato registrato per la prima volta nel 2003 negli USA ed è indicato in pazienti adulti ed adolescenti (sopra i 12 anni) con asma persistente da moderato a grave. Successivamente è stato approvato nell’Unione Europea come terapia aggiuntiva, per migliorare il controllo dell’asma in pazienti adulti e adolescenti e in bambini (dai 6 ai 12 anni) con asma allergico grave persistente. Infine il farmaco è stato approvato nella UE nel febbraio 2014 alla dose di 300mg, e negli USA nel marzo 2014, alla dose di 150 mg o 300 mg, come terapia aggiuntiva per il trattamento dell’orticaria cronica spontanea in pazienti adulti e adolescenti con risposta inadeguata al trattamento con antistaminici anti-H1. Lo scopo di tale tesi è stato quello di analizzare l’efficacia ed eventuale tossicità di Omalizumab in 116 pazienti trattati da Gennaio 2017 a Dicembre 2019 in Modena presso l’ambulatorio di Allergologia del Servizio di Dermatologia e Venereologia. I criteri di inclusione per lo studio comprendevano una storia di orticaria da più di sei settimane e refrattarietà alla terapia con antistaminici anti H1 di seconda generazione ad alte dosi, fino a 4 volte la dose standard, in linea con quanto riportato in letteratura. I pazienti sono stati trattati con una dose al mese di Omalizumab per 6 mesi per il primo ciclo e i soggetti con persistenza delle manifestazioni della CSU sono stati trattati a cadenza mensile per 5 mesi per un secondo ciclo di trattamento, seguendo le indicazioni. I dati anagrafici dei pazienti arruolati sono stati registrati. Inoltre, sono state raccolte le informazioni relative alle comorbidità e alla severità del quadro clinico (espressa in termini di UAS7) al fine di stabilire eventuali correlazioni con la risposta clinica. Eventuali eventi avversi sono stati registrati. I risultati ottenuti dal nostro studio confermano il buon profilo di tollerabilità e di efficacia di Omalizumab nel trattamento dei pazienti con storia di orticaria da più di sei settimane e refrattari alla terapia con antistaminici anti-H1 di seconda generazione ad alte dosi, fino a 4 volte la dose standard, in linea con quanto riportato in letteratura. In particolare, si sottolinea la riduzione statisticamente significativa della media dell’indice UAS7 prima e dopo il primo ciclo di trattamento(p<0.01) e un trend di riduzione prima e dopo il secondo ciclo di trattamento (p=0.129).Alcune comorbidità tra cui le tiroiditi autoimmuni, le dermatiti eczematose e la positività degli anticorpi anti-nucleo sembrano influenzare la risposta al trattamento. Complessivamente, i risultati ricalcano quelli già documentati in altri real life studies dimostrando l’efficacia nella CSU refrattaria alla terapia antistaminica. Rimangono tuttavia alcuni punti insoluti e che saranno oggetto di ulteriori studi. Tra questi, la gestione dei pazienti con CSU persistente oltre il secondo ciclo di trattamento e la possibile presenza di parametri predittivi di una ridotta risposta al trattamento.
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Abstract
OMALIZUMAB IN THE TREATMENT OF CHRONIC SPONTANEOUS URTICARIA
Chronic spontaneous urticaria (CSU) occurs spontaneously, without recognizing a specific external triggering factor. At the expense of its often benign nature, CSU is a disease that has a significant impact on the quality of life and is not easy to treat. For years, antihistamines have been the standard therapeutic approach. Recently, new biological drugs, including in particular Omalizumab, have shown an excellent overall response rate and a good toxicity profile, changing the natural history especially of patients resistant to standard therapies, and with a long history of symptomatic disease. Omalizumab is a humanized monoclonal antibody derived from recombined DNA that selectively binds to human IgE (rhuMab-E25, then omalizumab). Omalizumab was first registered in 2003 in the USA and is indicated in adult and adolescent patients (over 12 years of age) with moderate to severe persistent asthma. It was subsequently approved in the European Union as an adjunctive therapy, to improve the control of asthma in adult and adolescent patients and in children (6 to 12 years old) with persistent severe allergic asthma. Finally, the drug was approved in the EU in February 2014 at a dose of 300mg, and in the US in March 2014, at a dose of 150 mg or 300 mg, as an adjunctive therapy for the treatment of chronic spontaneous urticaria in adult and adolescent patients with inadequate response for treatment with anti-H1 antihistamines.
The purpose of this thesis was to analyze the efficacy and possible toxicity of Omalizumab in 116 patients treated from January 2017 to December 2019 in Modena at the Allergy Center of the Dermatology and Venereology Service.
The inclusion criteria for the study included a history of urticaria for more than six weeks and refractory to high-dose second generation anti-H1 antihistamines, up to 4 times the standard dose, in line with what reported in the literature. Patients were treated with one dose of Omalizumab per month for 6 months for the first cycle and subjects with persistence of CSU manifestations were treated monthly for 5 months for a second treatment cycle, following the indications. The personal data of enrolled patients were recorded. In addition, information relating to the comorbidities and severity of the clinical picture (expressed in terms of UAS7) was collected in order to establish any correlations with the clinical response. Any adverse events have been recorded. The results obtained from our study confirm the good tolerability and efficacy profile of Omalizumab in the treatment of patients with a history of urticaria for more than six weeks and refractory to therapy with second generation anti-H1 antihistamines at high doses, up to 4 times the standard dose, in line with what reported in the literature.
In particular, we underline the statistically significant reduction of the average of the UAS7 index before and after the first treatment cycle (p <0.01) and a reduction trend before and after the second treatment cycle (p = 0.129). Some comorbidities such as autoimmune thyroiditis, eczematous dermatitis and the positivity of anti-nucleus antibodies seem to influence the response to the treatment.
Overall, the results follow those already documented in other real life studies demonstrating the effectiveness in CSU refractory to antihistamine therapy.
However, some unresolved points remain and will be subject to further study. Among these, the management of patients with persistent CSU beyond the second treatment cycle and the possible presence of parameters predictive of a reduced response to treatment.
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