Riassunto analitico
Il consumo di principi attivi vegetali è in continuo aumento e alla sempre maggior richiesta di rimedi fitoterapici non sempre si accompagna un’adeguata informazione del paziente sui rischi e le reazioni avverse possibili. Ai giorni nostri, il rinnovato interesse per la fitoterapia, si è imposto in modo sbagliato nel pensiero comune, associando al termine di naturale quello di innocuo. È necessario, invece, considerare che la pianta medicinale possiede benefici e rischi come i farmaci di sintesi. A volte sono gli stessi mezzi di informazione a pubblicizzare con enfasi eccessiva le virtù terapeutiche soffermandosi poco o nulla sulle controindicazioni che non poche piante comportano. L’uso del rimedio fitoterapico per tempi prolungati o a dosi superiori a quelle raccomandate, infatti, risulta rischioso, così come lo è l’uso scorretto, ad esempio in gravidanza o durante l’allattamento, o ancora in associazione ad altre droghe sinergiche con il rischio di indurre interazioni farmacologiche importanti. Un prodotto erboristico, inoltre, può essere nocivo anche per la presenza di costituenti tossici o perché provoca reazioni allergiche o di fotosensibilizzazione. Il potenziale rischio legato al consumo dei principi attivi vegetali è aggravato dalla mancanza dei controlli che subiscono invece i farmaci. Basti pensare che in molti Paesi europei i prodotti a base di erbe medicinali rientrano direttamente in una categoria di non-prescrizione (sono, quindi, da considerarsi da automedicazione) e per la loro produzione e messa in commercio, non sono necessari tests farmaco-tossicologici. Tuttavia, il maggior inconveniente che si può riscontrare nel ricorrere alla fitoterapia è che un principio attivo vegetale assunto in concomitanza ad un farmaco causi un potenziamento o una diminuzione dell’effetto di quest’ultimo, con la conseguente comparsa di effetti collaterali più o meno gravi. Scopo della ricerca oggetto della presente Tesi è stato verificare le dimensioni del problema nella realtà della città di Modena. È stata svolta attraverso un’indagine sui principi attivi vegetali più venduti nelle erboristerie e nelle farmacie, acquistati spesso senza un’indicazione medica, per risolvere piccole patologie o come coadiuvanti di alcune terapie. Dall’indagine è emerso che il consumatore ricerca prevalentemente piante o principi attivi vegetali per contrastare gli stati d’ansia, curare piccole infezioni, disturbi ormonali, problemi gastrointestinali o per ottenere un effetto immunostimolante, ipolipidemizzante, energizzante e stimolante il sistema cardiocircolatorio. Di questi gruppi di piante sono stati valutati gli effetti collaterali derivanti da un loro utilizzo a dosi eccessive e le loro interazioni con terapie farmacologiche. Dal sito di fitovigilanza e dalla più recente letteratura scientifica, infatti, sono emerse segnalazioni di importanti interazioni sul metabolismo dei farmaci legate in modo particolare alla condivisione di enzimi metabolizzanti di fase I (specialmente le isoforme del citocromo P450). Considerando la sempre più vasta espansione del mercato dei fitoterapici e i possibili rischi ad essi connessi è, quindi, essenziale migliorare l’informazione dei consumatori a riguardo, consultando sempre il medico sui possibili rischi ed evitando l’automedicazione. Dopo l’analisi delle possibili reazioni avverse e interazioni farmacologiche riscontrate nei principi attivi vegetali maggiormente assunti, si conclude che è necessario sensibilizzare maggiormente la popolazione sui rischi che si corrono ad assumere prodotti erboristici specialmente se già in terapia con farmaci tradizionali di sintesi, sull’importanza della dose assunta in modo da evitare effetti collaterali da sovradosaggio e sull’essenzialità di una maggior comunicazione con medici e farmacisti.
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