Riassunto analitico
Il lavoro presentato ha lo scopo di aprire un minuscolo sguardo in una realtà che purtroppo a volte pare nascosta: "l’atteggiamento verso le persone con disabilita”. Non importa di quale si tratti: disabilità fisica, intellettiva, psichiatrica, sensoriale, temporanea o permanente, congenita, genetica o successiva ad un incidente o malattia. Esistono forme recondite, nascoste, implicite e indirette che portano ad atteggiamenti di discriminazione ed esclusione nei confronti della disabilità? Una reazione sociale, storica e culturale, che inevitabilmente modifica lo status quo delle persone con disabilità e l’atteggiamento nei loro confronti? Può essere pietismo, indifferenza, ribrezzo, imbarazzo, paura, disagio, inadeguatezza, fastidio, senso di superiorità? Nonostante le ricerche, gli studi sia in campo medico che umanistico e le leggi ad essa correlate, vi è ancora poca informazione e poco approfondimento sulla potenziale e “vera” inclusione nella società della persona con disabilità. Partendo da un excursus storico e riflettendo sulle definizioni e caratteristiche sociali e culturali che hanno accompagnato l'inclusione della disabilità in Italia in questi anni, scrivo di rappresentazioni sociali, di etichette, categorizzazioni e generalizzazioni che a volte possono causare un atteggiamento di pregiudizio o stereotipo nei confronti di una persona che si porta questo stigma per tutta la vita. Il focus e il punto di vista che ho preso in considerazione è la disabilità’ vissuta in un periodo considerato dalla psicologia critico, di transizione, di passaggio ed evoluzione che può creare un disequilibrio esistenziale: l’età adolescenziale. La disabilità disorienta l’ordine sociale, in quanto è qualcosa altro considerato “out” da tutto ciò che si discosta dalla “normalità”. Forse è proprio considerando la rappresentazione sociale della disabilità che abbiamo introiettato nelle relazioni sociali, una rappresentazione distorta, stereotipata... Nella mia tesi ho preso in considerazione il punto di vista di chi vive, studia, frequenta e lavora nella scuola e di chi come me ogni giorno lascia un piccolo seme sul percorso, perché questo possa essere generatore di “vera” inclusione. In questo lavoro cerco ipotesi che prima individuino nella dimensione temporale insita in ogni relazione, l’elemento discriminante che permetta il riconoscimento o il disconoscimento dell’essere persona in una persona, e poi porre questo aspetto temporale come oggetto di una dinamica sociale inconsapevole ma condivisa da parte dello sguardo comune e delle politiche per la disabilità nei confronti della persona con fragilità. Nella mia tesi pongo riflessioni, pensieri, dubbi e domande, perché sono questi elementi imprescindibili che portano a discussioni e a mettersi in discussione. Nella mia ricerca vi è uno “sguardo” e una “fotografia” di una Scuola Secondaria di Secondo Grado, una scuola di ragazzi, di studenti, di insegnanti, di educatori, di referenti, dirigenti e famiglie; una scuola che per prima lotta per il valore dell’inclusione, della valorizzazione e accettazione delle differenze. Sono state somministrate alcune domande mediante un questionario online, sia ad un gruppo di Studenti che ad un gruppo di Docenti, inerenti al loro approccio e atteggiamento verso la disabilità adolescenziale. Le domande sono state differenziate in due questionari, il primo rivolto agli adulti, il secondo rivolto a studenti dai 14 ai 19-20 anni. Oggi viviamo nel tempo definito come il tempo dell’inclusione sociale. Esiste quindi una strategia inconsapevole e condivisa che permette di nascondere atti di stigma sociale e di violenza simbolica oppure i pregiudizi, gli stereotipi si stanno affievolendo andando incontro ad una vera e propria valorizzazione e rispetto totale e completo della persona, generando quindi un’autentica inclusione?
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