Riassunto analitico
In occasione della Giornata mondiale contro la malaria 2016 l’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato il rapporto “Eliminating malaria”. Il documento mostra che l’obiettivo di eliminare questa malattia da 35 Paesi entro il 2030 (definito nella “Global Technical Strategy for Malaria 2016–2030”, adottata a maggio 2015 dall’Assemblea mondiale della salute) è, se pur ambizioso, raggiungibile. È importante, in tal senso ricordare i due ostacoli più importanti per il raggiungimento del “goal 2030”, ossia la mancanza di un vaccino antimalarico realmente efficace e l’insorgenza e la diffusione della resistenza di P. falciparum all’artemisinina, farmaco su cui attualmente si basa il corrente regime terapeutico e a cui si deve in maggior parte il successo della lotta alla malaria in questi ultimi anni. Il proteasoma è un complesso proteasico multicomponente responsabile della regolazione di processi chiave quali il ciclo cellulare e la presentazione dell’antigene. I composti che hanno come obiettivo il proteasoma sono strumenti importanti per il trattamento di agenti patogeni che dipendono dalla funzione del proteasoma per la sopravvivenza e la replicazione. In particolare, gli inibitori del proteasoma hanno dimostrato di essere tossici per il parassita della malaria Plasmodium falciparum in tutte le fasi del suo ciclo vitale. Per consentire lo sviluppo di composti con sufficiente selettività per permettere il loro uso come agenti anti-malarici era richiesta una migliore definizione della specificità di substrato e delle proprietà strutturali del proteasoma del Plasmodium. Per raggiungere questo obiettivo è stato monitorato il modello di degradazione proteosomiale di 228 diversi tetradecapeptidi sintetici e generato un profilo di frequenza che indicava quali aminoacidi fossero più o meno favoriti nei siti che fiancheggiavano ogni legame scisso. Sono stati identificati 113 e 157 siti che sono stati tagliati unicamente dal proteasoma del plasmodio e da quello umano rispettivamente. Le principali differenze si sono verificate nella parte amino-terminale del sito di rottura, con una forte preferenza da parte del Plasmodium per i residui aromatici, in particolare Trp (triptofano), nei siti P1 e P3. Utilizzando queste informazioni, si è potuto progettare un inibitore partendo da una impalcatura tri-leucinica tipica dei comuni inibitori del proteasoma umano come MG132. Questi inibitori inibiscono preferenzialmente la subunità β2, lo studio della struttura del proteasoma di Plasmodium falciparum legato all’inibitore ha rivelato un sito attivo β2 insolitamente aperto che potrebbe accogliere le due catene laterali di triptofano dell’inibitore. Questa analisi ha anche fornito informazioni sul sito attivo e l'architettura dei siti β2 e β5. Si è poi indagato sugli effetti antimalarici dei composti utilizzando in vivo colture di P. falciparum dove l'inibizione del proteasoma corrisponde ad una diminuzione della sopravvivenza del parassita. È importante sottolineare che WLL-vs si è dimostrato 1.000 volte più tossico nei confronti delle cellule del parassita che dei fibroblasti umani primari. Analogamente in un modello di roditore infettato da Plasmodium chabaudi un singolo bolo di WLL-vs riduce la quantità di parassita a livelli quasi non rilevabili senza tossicità per l’ospite. Infine, gli inibitori del proteasoma del plasmodio hanno dimostrato attività contro i parassiti ART-resistenti e si sono dimostrati altamente sinergici con la diidroartemisinina. Questi risultati dimostrano che il proteasoma del Plasmodium è sufficientemente diverso dal proteasoma umano per consentire un targeting selettivo e mettono in luce una potenziale strategia contro la ART-sensibilizzazione.
|