Riassunto analitico
Introduzione: nonostante l’immunoterapia abbia rivoluzionato il trattamento di svariati tipi di cancro, alcuni pazienti ottengono un minor beneficio di altri da questo tipo di trattamento. In pratica clinica, esistono già diversi biomarkers che sono stati studiati e messi in uso, ma questa stessa attenzione non è stata rivolta ad alcuni parametri clinici fondamentali. Tra questi, il sesso biologico è una variabile che influenza sia la risposta innata, che la risposta adattativa; ciononostante, non è un parametro considerato nella scelta del trattamento. In particolare, ad oggi, meno del 10% delle pubblicazioni relative a studi clinici e preclinici sull’immunoterapia considera questa variabile nell’impostazione metodologica dello studio, e questo ricorrente errore di metodo ha portato ad una mancanza di informazioni nella definizione della reale efficacia del trattamento nel sesso femminile e dell’eventuale differenza di tossicità immuno-relate (irAEs) tra i due sessi. Materiali e metodi: è stata condotta un’analisi retrospettiva su pazienti con NSCLC (privo di mutazioni driver) e SCLC in stadio metastatico afferenti al centro oncologico modenese. I pazienti aderenti allo studio hanno ricevuto la diagnosi tra luglio 2020 e dicembre 2022, e il termine del periodo di follow-up è stato fissato al 30 aprile 2023. I pazienti sono stati trattati con chemio-immunoterapia o con immunoterapia in caso di NSCLC, e solo con chemio-immunoterapia in caso di SCLC. Risultati: l’analisi sulla sopravvivenza del gruppo di pazienti sottoposti a trattamento combinato chemio-immunoterapico ha evidenziato una maggior PFS nelle donne rispetto agli uomini, con una PFS mediana di 6,5 mesi nelle donne (IC95%: 2,8-1,7) e 5,3 mesi negli uomini (IC 95%: 3,5-6,5); il dato è statisticamente significativo (p value = 0,0379). Tuttavia, in linea con la letteratura, nel gruppo di pazienti trattati con sola immunoterapia, le donne hanno ottenuto una PFS peggiore rispetto agli uomini, con una PFS mediana di 2,0 mesi per le donne (IC 95%: 1,7-24,4) e 4,2 mesi per gli uomini (IC 95%: 0,7-19,1). Nel gruppo di pazienti con microcitoma, tutti trattati con combinazione di chemio e immunoterapia, le donne hanno ottenuto una sopravvivenza migliore degli uomini, con una PFS mediana di 6,7 mesi nelle donne (IC 95%: 5,0-12,2) e di 4,4 mesi negli uomini (IC 95%: 3,0-5.1). Anche l’analisi delle tossicità immuno-relate (irAEs) ha mostrato importanti differenze tra i due sessi: gli uomini sviluppano più frequentemente coliti (25,58% vs 17,50%), tossicità epatiche (6,98% vs 5,00%) e muscolo-scheletriche (5,81% vs 2,50%), mentre le donne sviluppano più frequentemente polmoniti (5,00% vs 3,49%), tossicità tiroidee (17,50% vs 15,12%) e renali (7,50% vs 2,33%). Conclusioni: i tumori maschili presentano, in genere, una maggior antigenicità di quelli femminili: questa differenza è, con buona probabilità, la ragione della miglior risposta alla mono-immunoterapia da parte degli uomini e della miglior risposta alla chemio-immunoterapia da parte delle donne. Il substrato ormonale, inoltre, unito alla maggior tendenza allo sviluppo delle reazioni autoimmuni nel sesso femminile, potrebbe costituire la base per comprendere la predisposizione ad irAEs diverse nei due sessi. I nostri risultati sono sostanzialmente in linea con la letteratura, nonostante la presenza di alcune discrepanze dovute alla limitatezza del campione osservato. Con la consapevolezza di queste considerazioni, studi prospettici dedicati alle differenze di risposta all’immunoterapia tra i due sessi e alla ricerca dei meccanismi alla base di queste differenze risultano urgenti e necessari. Il tutto al fine di definire, attraverso la valutazione di parametri clinici e biologici, la miglior strategia di trattamento per ciascun paziente.
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