Riassunto analitico
Il presente lavoro tratta il diritto alla libertà religiosa ed alla assistenza religiosa all'interno degli istituti di prevenzione e pena, con particolare sguardo alla situazione dei detenuti musulmani. Partendo dalle norme costituzionali, base della libertà religiosa, si è posta particolare attenzione alla situazione della popolazione di religione musulmana che si trova rinchiusa in istituti penitenziari a seguito di reati contro il patrimonio, contro la persona e riguardanti la normativa relativa all'uso e spaccio di sostanze stupefacenti. Catapultati in una realtà estranea alla propria routine quotidiana prima dettata dal rispetto dei momenti di preghiera, essi si ritrovano estraniati, senza punti di riferimento, a riflettere sulla propria condizione di vita e sul significato della propria condotta. La mancanza di una Intesa tra la religione musulmana e lo Stato italiano porta a numerose difficoltà come la rara possibilità di poter usufruire di una guida religiosa all'interno degli istituti penitenziari. E così la religione diventa un'arma per i detenuti più carismatici, in grado di esercitare un'influenza tale da convincere i detenuti più disorientati e confusi a seguire idee radicali, che incitano ad andare contro il sistema che li ha costretti alla loro attuale condizione. Nasce così la radicalizzazione in carcere, il proselitismo pericoloso, la religione come giustificazione a prese di posizioni nette e a spargimenti di sangue. L'Amministrazione penitenziaria si trova sprovvista dei mezzi per farvi fronte e spesso solo un'attenta osservazione dei comportamenti può destare qualche campanello dall'allarme. Dustur rappresenta una serena soluzione. Un progetto nato al carcere "La Dozza" di Bologna ad opera di frate Ignazio, cappellano dell'istituto, che durante le ore scolastiche parla della Costituzione italiana. Insegna a detenuti musulmani come integrarsi con la società che li ospita, come comportarsi in un mondo di regole chiare ma diverse dalle loro, come affrontare il passato, il presente ed il futuro della loro permanenza in uno Stato con un ordinamento, con una tradizione e con un'identità che i detenuti faticano a comprendere. Allora si tratterà della libertà di cambiare religione, di convertirsi, della monogamia e della figura femminile. Non senza alle volte numerose discussioni, Dustur è un terreno di integrazione, è uno scambio di vedute, è uno scambio di esperienze di vita. E' un suggerimento per i tanti istituti di prevenzione e pena sparsi per il territorio, così come per le istituzioni scolastiche esterne, che soprattutto durante l'orario serale, sono frequentate da persone straniere, in difficoltà. E' un'ancora di salvezza per chi vuole cambiare e vuole imparare a vivere in un mondo che vede il "musulmano" come il pericolo e che spesso si adagia su questa visione. Alla luce del momento difficile che la nostra Europa sta vivendo, Dustur è un inizio per riparare lacune e mancanze. E' una mano tesa verso il diverso. E' una soluzione giuridicamente realizzabile considerando che il carcere in fondo non è altro che uno specchio della società.
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