Riassunto analitico
L’ictus ischemico è una delle principali cause di disabilità e di morte nei paesi occidentali. Negli ultimi anni è stato dimostrato che dosi nanomolari di peptidi melanocortinici, somministrati per via sistemica nel gerbillo e nel ratto, promuovono (probabilmente in modo definitivo) il recupero funzionale dopo un attacco ischemico cerebrale globale o focale. Infatti, il trattamento con [Nle, D-Phe7]-α-MSH (NDP-α-MSH, agonista sintetico dei recettori melanocortinici MC1, MC3, MC4 e MC5), causa una riduzione della risposta infiammatoria, come indicato dalla diminuzione dell’attività dei fattori regolatori della trascrizione JNK, p38 ed ERK, e dei livelli delle citochine proinfiammatorie TNF-α e interleuchina-6 (IL-6), blocca l’apoptosi, infatti NDP-α-MSH riduce l’attività della caspasi-3 (proteina proapoptotica effettrice) e la frammentazione del DNA nelle aree cerebrali danneggiate, e diminuisce il fenomeno dell’eccitotossicità. Oltre agli effetti neuroprotettivi, le melanocortine hanno dimostrato di avere proprietà neurogenerative, cioè stimolano la generazione di nuovi neuroni con capacità maturative e funzionali. Questa abilità sembra essere dovuta all’aumento dell’espressione della citochina anti-infiammatoria IL-10 provocato dal trattamento con melanocortine e che sembra fornire un microambiente favorevole alla neurogenesi dopo un ictus ischemico. Inoltre, NDP-α-MSH dimostra un’ampia finestra terapeutica, infatti il trattamento è efficace anche quando inizia 9 ore dopo l’insulto ischemico e probabilmente 18 ore sono il tempo limite per la somministrazione del neuropeptide. I meccanismi di neuroprotezione e neurogenesi sembrano coinvolgere direttamente l’attivazione dei recettori melanocortinici MC4. Infatti il blocco farmacologico di questi recettori non solo previene l’effetto neuroprotettivo e neurogenico dell’NDP-α-MSH, ma addirittura peggiora il recupero funzionale. Le recenti scoperte suggeriscono che agonisti melanocortinici, altamente selettivi per i recettori MC4 e capaci di superare la barriera ematoencefalica, potrebbero rappresentare il mezzo per un approccio più mirato, innovativo e sicuro nell'ictus umano.
|