Riassunto analitico
Questo studio intende approfondire il principio democratico nell’ampio orizzonte della storia della Chiesa, del suo diritto e dei suoi istituti, a partire dalle origini sino al Concilio Vaticano II. È nell’ambito di quest’ultimo che si definisce l’ecclesiologia del popolo di Dio, la Chiesa si apre così ad una definizione democratica di se stessa. Si è assunto un approccio storico allo scopo ultimo di individuare le radici e le motivazioni di questa scelta. Si è ritenuto quindi doveroso rendere uno sguardo alla democrazia greco-classica, come analisi di un termine, di un sistema politico, di un’ideale. Si espongono quindi i punti di distanza e continuità con il principio democratico moderno. Si tratta poi dell’ecclesia, assemblea popolare, del termine laos e la correlata teoria platonica dell’Uno bene supremo, in esse si rintraccia una simmetria con l’unità della Sacra Scrittura e la comunione delle prime comunità cristiane. Si accede così alla specificità della trattazione: il popolo d’Israele e la sua continuità con il popolo dei Vangeli. Si analizza la figura di Gesù in due versanti: l’aver istituito una Chiesa visibile, storica e l’essersi posto come modello di democrazia. Tramite la prima comunità di Gerusalemme raccolta intorno ai Dodici apostoli si mostra la prima Ecclesia cristiana come comunità democratica, rilevando al contempo la sua adeguatezza a quel limitato contesto storico. Si accenna poi al rischio insito nell’interpretazione dell’autorità attribuita ai Dodici; il ministero alle origini inteso come servizio, parallelamente al primato, verrà tradito nel corso della storia. Si delinea poi brevemente la concezione paolina di Chiesa e si approfondisce l’istituto dell’elezione, mero strumento opportunistico, concretizzante l’unica volontà divina, dedicando un breve spazio all’episodio della condanna di Gesù Cristo e al suo configurarsi come modello di democrazia. Il terzo capitolo tratta dell’ecclesiologia espressa nel Defensor Pacis di Marsilio da Padova. Il conciliarismo marsiliano è radice del movimento conciliare analizzato nel quarto capitolo: corrente politico-ecclesiologica del XV secolo che afferma la superiorità del Concilio ecumenico sul Papa, fa parte dei movimenti medievali di opposizione all’arroccata Chiesa ufficiale. Si tratta degli avvenimenti storici dei concili, accompagnati dalla emergente letteratura a riguardo. Il quinto capitolo si intitola gerarcologia poiché oggetto di studio è la Chiesa societas perfecta in senso gerarchico e verticista sanzionata in quelle tre diverse ecclesiologie che il Concilio Vaticano II ha inteso superare e per quanto riguarda l’ultima, integrare. Nel contesto della Rivoluzione francese si rende un punto di vista nuovo: la posizione del cristiano nei confronti della società civile, emblematica è la figura di Papa Leone. Si apre poi al confronto tra l’ecclesiologia sancita nell’enciclica Mystici Corporis, che superò la visione giuridico-gerarchica di Chiesa e quella che fu la successiva opzione dei Padri del Vaticano II. L’ultimo capitolo è dedicato all’ecclesiologia del popolo di Dio. Tramite il filosofo Jacques Maritain si porta nuovamente lo sguardo sulla società civile del XX secolo. Chiarito non si tratti dell’adattabilità di categorie esterne si approfondisce il contenuto democratico delle costituzioni conciliari. Si conclude esprimendo la volontà sanzionata nelle costituzioni conciliari di superare, con la definizione del popolo di Dio, il dualismo clero laicato.
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