Riassunto analitico
L’attività amministrativa è regolata non solo da norme ma anche da principi elaborati in particolare dalla giurisprudenza, la quale li dichiara e li fissa all’interno delle proprie pronunce; tali principi svolgono una funzione fondamentale in quanto integrano il disposto della legge che regola il corretto esercizio del potere amministrativo e ad essi il giudice amministrativo ricorre al fine di colmare le lacune presenti nel diritto positivo. Nell’ambito dei principi che regolano l’attività amministrativa vi è innanzitutto quello dell’effettività della tutela giurisdizionale, il quale esprime l’esigenza che le situazioni giuridiche riconosciute e garantite dall’ordinamento sul piano sostanziale ottengano una piena ed effettiva protezione anche sul piano processuale e a tal fine occorre prevedere strumenti che siano effettivamente adatti a soddisfarle. L’interesse del titolare della situazione giuridica soggettiva consiste nel non veder violate le proprie aspettative, ma anche nel fatto che l’amministrazione si astenga dal tenere una condotta che possa pregiudicare tale aspettativa. In tale ottica si pone poi la tutela del legittimo affidamento, la quale dà vita ad un principio di portata generale e non codificato, operante in relazione all’esercizio del potere amministrativo nei casi in cui da esso sia derivato un affidamento in capo al singolo; in particolare consiste nell’interesse a che una determinata situazione giuridica, derivante da un comportamento altrui che abbia indotto la parte interessata a confidare nell’ottenimento di in determinato risultato o sull’esistenza di una certa situazione giuridica, possa ricevere tutela. Il settore nel quale il principio della tutela del legittimo affidamento trova la sua massima espressione è quello dei provvedimenti di secondo grado adottati in via di autotutela dall’amministrazione, la quale a seguito di una nuova valutazione annulli o revochi un atto da essa precedentemente adottato; al verificarsi di tale circostanza si pone il problema di tutelare l’affidamento del destinatario del provvedimento originario, che vi abbia dato esecuzione o comunque abbia compiuto delle scelte sulla base del proprio affidamento. All’amministrazione viene infatti riconosciuta, al fine di perseguire l’interesse pubblico, la possibilità di riesercitare il proprio potere, anche dopo l’emanazione del provvedimento, valutando così in un secondo momento se l’assetto degli interessi definito dal proprio precedente atto sia compatibile con tale interesse; occorre dunque che l’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio o alla revoca del provvedimento amministrativo sia bilanciato con l’interesse del privato alla sua conservazione e in particolare che non si risolva in un mero interesse al ripristino della legalità violata, bensì in un interesse pubblico concreto e attuale. Infine riconoscere in capo al privato un legittimo affidamento significa anche ammettere un vincolo per l’amministrazione alla clausola generale della correttezza e della buona fede, in virtù della quale ogni soggetto ha il dovere di comportarsi lealmente nel compiere atti giuridici che siano produttivi di effetti nella sfera giuridica altrui, senza arrecare un sacrificio eccessivo dei loro interessi. Dunque il dovere di buona fede della pubblica amministrazione comporta che essa debba assumere un comportamento in virtù del quale sia possibile riconoscere un’opportuna tutela alla legittima aspettativa che l’interessato vanti nei confronti dell’esercizio del potere pubblico.
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