Riassunto analitico
Introduzione. L’ictus cerebrale è una patologia a elevata incidenza, prevalenza, mortalità e disabilità, con conseguente notevole impatto sociale. Negli ultimi anni, i perfezionamenti nella prevenzione secondaria delle recidive, in aggiunta all’introduzione e ai miglioramenti dei trattamenti riperfusivi in fase acuta, hanno permesso di modificare la prognosi di questa malattia. Un ruolo centrale nella prevenzione secondaria è svolto dai farmaci antiaggreganti. Inoltre, disponiamo anche di efficaci test aggregometrici, in grado di valutare la risposta del singolo paziente a tali farmaci. Obiettivi. Con lo studio riportato in questa tesi si vuole valutare l’esistenza di fattori clinici o laboratoristici che possano modificare il risultato dei test aggregometrici, e quindi predire una migliore o peggiore risposta ai farmaci antiaggreganti piastrinici in determinate categorie di pazienti. Materiali e metodi. Lo studio è di tipo retrospettivo, sono stati valutati 2425 pazienti che assumevano farmaci antiaggreganti in prevenzione secondaria e ricoverati da dicembre 2017 a settembre 2021 per ictus ischemico acuto o altre patologie vascolari. Tutti i candidati sono stati sottoposti a test aggregometrico ad impedenza elettrica (Multiplate®) e per ciascuno di essi sono stati raccolti dati riguardo a variabili cliniche e di laboratorio. Si è andati a studiare la correlazione tra queste e i parametri dell’aggregometria (identificati con i valori di ASPI, ADP, ASPI/TRAP, ADP/TRAP), individuando con analisi multivariata i potenziali predittori indipendenti di risposta antitrombotica. Risultati. Per l’ASPI test sono risultati predittori di elevata reattività piastrinica il numero di piastrine (OR 0.991, 95% CI 0.988–0.995, p < 0.001) e l’RDW (OR 0.86, 95% CI 0.75–0.99, p = 0.029), mentre la duplice terapia antiaggregante (DAPT) sembra predire buona risposta al trattamento (OR 3.87, 95% CI 1.64–9.17, p = 0.002). Con il rapporto ASPI/TRAP sono risultati predittori di resistenza il trattamento con corticosteroidi (OR 0.35, 95% CI 0.15–0.80, p = 0.013), le GOT (OR 0.980, 95% CI 0.965–0.996, p = 0.017) e la PCR (OR 0.92, 95% CI 0.87–0.98, p = 0.014), con il filtrato glomerulare che sfiora la significatività (OR 0.993, 95% CI 0.986–1.000, p = 0.057). La DAPT (OR 2.84, 95% CI 1.40–5.75, p = 0.004) e il PTT (OR 1.04, 95% CI 1.01–1.06, p = 0.009) appaiono predire maggiore inibizione piastrinica. Per l’ADP test, il numero di piastrine (OR 0.993, 95% CI 0.990–0.997, p < 0.001) è predittore di resistenza, con i globuli bianchi prossimi alla significatività (OR 0.90, 95% CI 0.80–1.01, p = 0.07). Infine, con il rapporto ADP/TRAP si mostrano predittori di elevata reattività piastrinica l’alcol (OR 0.31, 95% CI 0.11–0.89, p = 0.030) e la PCR (OR 0.936, 95% CI 0.881–0.995, p = 0.033), mentre il trattamento con antidepressivi predice aumento della risposta all’antiaggregante (OR 3.80, 95% CI 1.59–9.07, p = 0.003). Discussione e Conclusioni. Alcune variabili cliniche ed ematochimiche potrebbero svolgere un ruolo di predittori indipendenti di modifica della reattività piastrinica e dell'efficacia dei farmaci antiaggreganti. Il numero di piastrine, i marker infiammatori, il trattamento con corticosteoridi, l’RDW, l’alcol, la funzionalità epatica e la funzionalità renale sembrano predire un’elevata reattività piastrinica. Al contrario, la duplice terapia antiaggregante (DAPT), i marker coagulativi e il trattamento con antidepressivi sono risultati predittori di bassa reattività piastrinica. L’aggregometria potrebbe essere quindi un valido strumento per guidare la scelta dell’antiaggregante e garantire una personalizzazione della terapia, al fine di ridurre gli eventi avversi e le recidive ischemiche.
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