Riassunto analitico
Il progresso della Medicina negli ultimi decenni ha comportato molteplici avanzamenti nell’ambito della ricerca grazie alle nuove scoperte scientifiche e ai moderni ritrovati tecnologici. Tuttavia, molti sono ancora i quesiti rimasti in vari campi e le nuove complessità sono anche conseguenza inevitabile dell’aumentata conoscenza maturata negli anni. Una delle tematiche complesse della Medicina contemporanea riguarda lo studio dell’iperferritinemia, sul quale molti lavori concordano in particolare nel sostenere quanto sia rilevante l’individuazione di criteri più precisi per orientarsi nella gestione di pazienti complessi che necessitino di un inquadramento specifico. La gestione dell'iperferritinemia rappresenta pertanto una sfida per i medici, poiché la ferritina elevata non è un marker specifico di una sola patologia e anche la ferritina >1000 μg/L non ha una correlazione chiara con una specifica condizione medica. Inoltre, più della metà dei pazienti che si presentano ai medici di cure primarie senza una evidente motivazione clinica non vengono sottoposti ad ulteriori esami o indirizzati alle cure secondarie. Pertanto, l'iperferritinemia dovrebbe essere attentamente esaminata attraverso esami clinici e test di laboratorio per identificare la sua eziologia. È importante comprendere i meccanismi che portano all'innalzamento dei livelli di ferritina e i principi generali relativi al trattamento del sovraccarico di ferro per affrontare in modo razionale il disturbo nella pratica clinica. La ferritina è uno dei test di laboratorio più frequentemente richiesti nelle cure generali e secondarie e spesso si riscontrano deviazioni rispetto agli intervalli di riferimento. Lo scopo del presente lavoro consiste nella valutazione di una popolazione di 305 pazienti afferenti ad un ambulatorio specialistico modenese di II livello da un punto di vista clinico, anamnestico e laboratoristico/radiologico con particolare attenzione ai dati sulla omeostasi e il metabolismo del ferro e della ferritina. Sono state quindi ricercate e individuate correlazioni, eventualmente non ancora definite nei vari studi esistenti sull’argomento, riguardanti in primis lo stato di iperferritinemia e manifestazioni patologiche e fisiologiche, comportamentali, patologie preesistenti e alterazioni genetiche associate. Nel corso dello studio sono stati descritti quadri contraddistinti dalla presenza di iperferritinemia, definita come >300 μg/L negli uomini e >200 μg/L nelle donne, e studiati secondo vari parametri con particolare focus sulla presenza di iperferritinemia metabolica, iperferritinemia su base puramente genetica, overlap di queste condizioni e iperferritinemia per altre cause. L'iperferritinemia metabolica riflette alterazioni nel metabolismo del ferro che ne facilitano l'accumulo nell'organismo ed è associata ad un aumentato rischio di malattie cardiometaboliche ed epatiche. Inoltre i disturbi da sovraccarico di ferro includono un ampio spettro di patologie tra i quali il più comune è l'emocromatosi HFE relata. Si stima che fino a 5 pazienti su 1000 individui siano affetti da questa patologia. Questa condizione è caratterizzata da un aumento del ferro circolante che porta, nel tempo, ad un accumulo di ferro negli organi parenchimatosi (fegato, cuore, ghiandole endocrine e articolazioni), con conseguenti danni e disfunzioni. Negli ultimi due decenni, è stato dimostrato che circa il 20-30% dei pazienti con emocromatosi non ha la tipica omozigosi HFE C282Y, in particolare nelle aree mediterranee. L’iperferritinemia è poi evidenziabile in individui affetti da patologie tumorali, infiammatorie, infettive, malattie autoimmuni e dismetabolismi, come NAFLD, ALD, NASH, diabete, insulino-resistenza e anemie. Il progetto mirava pertanto globalmente a migliorare la diagnosi e la comprensione delle manifestazioni cliniche di pazienti con iperferritinemia.
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