Riassunto analitico
I linfomi non-Hodgkin rappresentano la quinta neoplasia per incidenza a livello mondiale e possono essere distinti sulla base del comportamento clinico in forme indolenti di cui la più diffusa è il Linfoma Follicolare, e forme aggressive, di cui la più diffusa è il Linfoma B diffuso a grandi cellule. Una diagnosi accurata, un attento staging della malattia e l’identificazione di fattori prognostici, rappresentano la base per poter selezionare il trattamento più corretto. I pazienti con linfoma ricevono solitamente un trattamento di prima linea con schemi immunochemioterapici associati a ottimi tassi di risposta; tuttavia, i casi di recidiva di malattia sono frequenti, rendendo necessaria l’individuazione di ulteriori schemi terapeutici. Negli ultimi anni, accanto alle terapie di seconda linea standard come il trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) e altre linee chemioimmunoterapiche, si stanno sviluppando nuove strategie di tipo immunoterapico, alcune delle quali già approvate per la pratica clinica. Tra queste, i farmaci che sfruttano l’azione citotossica antitumorale dei linfociti T, anche definite come T-cell engaging therapies, rappresentano un’opzione molto promettente. In particolare, le CAR-T (Chimeric antigen receptor – T) sono già approvate in terza linea per i DLBCL e hanno dimostrato risultati migliori in studi di fase III rispetto ad ASCT come terapia di seconda linea. Accanto a queste, ancora a livello sperimentale, si stanno valutando le risposte e i profili di sicurezza degli anticorpi bispecifici nel trattamento dei LNH B recidivati. Sfruttando la bivalenza di legame con il CD3 del linfocita T e con il CD20 della cellula tumorale, questi anticorpi permettono di potenziare l’attività immunitaria endogena con risultati promettenti e un profilo di sicurezza ottimo, costituito per lo più da citopenie ed eventi avversi da iperstimolazione immunitaria come la sindrome da rilascio citochinico (CRS). L’obiettivo di questa tesi sperimentale è quello di osservare e descrivere i pazienti affetti da LNH r/r trattati con anticorpi bispecifici all’interno di protocolli sperimentali presso la struttura complessa di Ematologia dell’AUSL IRCCS di Reggio Emilia e comparare risposte cliniche e tossicità con i risultati ottenuti dai più recenti studi 0effettuati sugli stessi tipi di pazienti. Lo studio effettuato è di tipo retrospettivo e descrittivo. Dei 7 pazienti analizzati, 4 sono stati trattati con Odronextamab in monoterapia mentre 3 sono stati trattati con Epcoritamab combinato ad altri schemi immunoterapici standard. Tutti i casi di LF (5 su 7) hanno ottenuto una risposta alla terapia con un solo caso di risposta parziale e 4 casi di risposta completa mantenuta alla rivalutazione a 12 e a 20 settimane. I pazienti con DLBCL (2 su 7) hanno, in un caso, ottenuto CR tutt’ora mantenuta a 12 mesi di follow up, mentre nell’altro caso non è stata ottenuta risposta alla terapia. Tutti i pazienti analizzati hanno sviluppato CRS di grado 1-2 nelle prime settimane di trattamento, che hanno richiesto l’uso di corticosteroidi e/o tocilizumab con risoluzione dell’evento. Frequenti sono state le citopenie, tra cui anemie di grado lieve-moderato e neutropenie di grado moderato-severo che hanno richiesto terapia di supporto. Nonostante il numero limitato dei casi rappresenti un limite, il confronto con gli studi di fase I/II pubblicati e/o ancora in corso, ha permesso di osservare delle analogie in termini di efficacia e sicurezza, in particolare per i casi di LF che rappresentano la maggioranza dei casi in esame. Sebbene si tratti di valutazioni preliminari, gli anticorpi bispecifici hanno dimostrato una promettente attività clinica, una tossicità limitata e di essere, perciò, una risorsa preziosa in pazienti fortemente pretrattati per forme di LNH refrattarie ed aggressive che hanno esaurito le possibilità terapeutiche oggi disponibili.
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