Riassunto analitico
Il bacino del Mediterraneo rappresenta da secoli una regione geografica fondamentale, le cui caratteristiche hanno giocato un ruolo determinante nella crescita e nello sviluppo dei Paesi rivieraschi. Fino a metà degli anni ’90 l’Unione Europea aveva tessuto una rete di rapporti politici e di interscambio economico basata solamente su accordi di tipo bilaterale, ossia con i singoli Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente; mancava quindi una politica regionale globale che coprisse l’intero bacino del Mediterraneo. In questo contesto, il Processo di Barcellona del 1995 rappresentò un profondo cambiamento, in quanto puntava alla creazione di “un’area comune di pace, stabilità e prosperità all’interno della regione Mediterranea”, raggiungibile mediante tre ambiti di intervento, detti anche “Pilastri fondamentali del Partenariato Euro - Mediterraneo”: - Politico - Economico e finanziario - Sociale e culturale
In seguito al quinto allargamento che apriva le porte ai paesi dell’Europa Centrale, la Commissione Europea ritenne necessaria una correzione del precedente percorso istituzionalizzato nel Processo di Barcellona, estendendolo anche a tutti i Paesi confinanti con l’Unione Europea (Paesi balcanici del Mar Adriatico). Questa volontà si tradusse nell’adozione della Politica Europea di Vicinato (PEV) del 2004, volta ad estendere i vantaggi dell’UE ai Paesi adiacenti e a rafforzare così la stabilità, la prosperità e la sicurezza della regione, dando un nuovo impulso al PEM. Dopo che emerse la volontà di istituire una nuova politica volta a valorizzare il Mediterraneo come elemento di coesione per l’UE e per i Paesi della regione, nacque nel 2008, dopo diverse controversie e opposizioni, l’Unione per il Mediterraneo, che aveva come obiettivo principale sia il rinnovamento del ruolo dei Paesi terzi mediterranei, che il rafforzamento delle relazioni con l’UE, grazie anche ad una maggiore condivisione delle decisioni. Un percorso quindi abbastanza contorto e complesso durato 20 anni. Ma quali sono stati i risultati sotto il profilo economico, o meglio, l’efficacia degli accordi di cooperazione o di partenariato nel perseguire obiettivi di convergenza economica e sociale? La tesi si concentra sul “secondo pilastro” del Processo di Barcellona, ossia l’aspetto economico – finanziario, identificando una serie di indicatori che misurano la generazione e la distribuzione del reddito e della ricchezza nei Paesi del Sud del Mediterraneo. Si è voluto in tal senso verificare come la crescita dell’interscambio abbia influenzato la distribuzione del reddito e ridotto le ineguaglianze presenti, sia di reddito che di ricchezza.
Le politiche di integrazione del Mediterraneo, iniziate con il Processo di Barcellona del 1995, hanno permesso un progressiva apertura commerciale dei Paesi della sponda Sud, determinante nel favorire l’incremento dei flussi di ricchezza nella regione. Dall’analisi degli indicatori macroeconomici e di distribuzione del reddito emerge che, nell’ultimo ventennio, alcuni Paesi della sponda Sud del Mediterraneo hanno registrato tassi di crescita del reddito, dell’occupazione e del benessere talvolta superiori a quelli dell’Unione Europea, perseguendo in tal senso uno degli obiettivi previsti nel Processo di Barcellona. Tuttavia, per la maggior parte dei Paesi della sponda Sud, la crescita economica non è stata accompagnata da un miglioramento degli indici di concentrazione del reddito e della ricchezza, che confermano la permanenza di forti inuguaglianze. È possibile quindi affermare che, nonostante l’impegno politico - economico dell’Unione Europea e la maggior integrazione e crescita economica dei Paesi MED, le disuguaglianze di reddito nella regione rimangono tuttora elevate.
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