Riassunto analitico
"Comunicazione e Guerra: dalla WWI al conflitto russo-ucraino" è un elaborato di tipo compilativo suddiviso in quattro capitoli. Il focus principale è tra due sfere che, in modo nitido a partire dal primo grande conflitto mondiale, appaiono come reciprocamente dipendenti: l'evento bellico ha contribuito allo sviluppo dei media ed essi si sono sposati perfettamente con le sue forme e logiche, fornendo contributo fino a diventare una vera e propria arma strategica da usare prima, dopo e soprattutto durante il conflitto. Storicamente, i punti principali del binomio comunicazione-guerra sono quattro: WWI con stampa e cinema; seconda Grande Guerra e radio; Guerra del Vietnam, fotografia e prima TV; e conflitto del Golfo con i media che per la prima volta nella storia assumono le sembianze di un’arma strategica, all'interno della prima guerra del villaggio globale. La prima vittima di ogni guerra è la verità, disse Hiram Johnson nel 1917. Lo si è notato fino al conflitto nel Golfo Persico e lo si nota ancora di più nell'attuale Operazione Militare Speciale avviata dalla Russia in suolo ucraino: una guerra ibrida in cui la comunicazione attuale, con i suoi strumenti e logiche, gioca un ruolo inedito e colloca il conflitto all’interno di un punto di svolta storico del binomio comunicazione-guerra. La verità della rete è una verità che scende di grado, è definita post verità, è associata a quel flusso incontrollato di notizie che predispone alle bolle mediatiche attraverso dei meccanismi che rinforzano le falsità. Sono verità empiriche, verità equivalenti alle ragioni del singolo in virtù della sua esperienza; verità che mettono da parte l’oggettivo per il soggettivo. Nell’era della post-verità si è propensi a basarsi su pretesti emotivi, si da fiducia facilmente, viene meno il desiderio di constatare e verificare. Si crede alla verità dei discorsi, un tipo di verità che se approcciata passivamente può sfociare in eventi sinistri come l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. “Se non si vuole essere gregge bisogna iniziare a dubitare” disse Chomsky. Tra comunicazione e guerra non può non esserci in mezzo la politica. I social, hanno cambiato la comunicazione politica, il modo d’esporsi degli attori e il loro linguaggio. Il politico si allontana da un mondo che per anni è stato conservatore nei confronti del proprio linguaggio e delle specifiche sembianze, si comporta come un brand, personalizzandosi e individualizzandosi, dando forma ad una politica leaderizzata, individualistica, ludica e commerciale Attitudini, cambiamenti e nuovi strumenti che danno significato e senso al contesto “Operazione militare speciale russa”. Dal 24 febbraio 2022, dalll’invasione che Vladimir Putin iniziò nel 2014, la nostra quotidianità convive ed è influenzata dal conflitto russo-ucraino: una guerra, denominata “operazione militare speciale russa” per fini propagandistici, che non si limita alle sole due nazioni interessate ma si estende a tutto il mondo. È uno scontro in cui la comunicazione ha svolto, sta svolgendo e svolgerà, un ruolo cruciale, ed è probabilmente il nuovo punto di svolta del binomio comunicazione-guerra. Il conflitto russo-ucraino è una sfida tra narrazioni, tra propagande promosse da due leader simili solo sul fatto di voler’ sembrare uomini forti, ma completamente diversi sul fronte dell’informazione. Da un lato c’è Volodymyr Zelensky, il presidente che parla al mondo attraverso ogni strumento possibile; e dall’altro troviamo Vladimir Putin, il nostalgico capo di stato che, attraverso già note modalità e azioni, vede come principali destinatari della sua propaganda i russi stessi. “È un fenomeno sociale, è comunicazione politica che prosegue con altri mezzi”, e osservarla con le ottiche introdotte non potrà altro che dare un’immagine del mondo in cui ci troviamo oggi, con i suoi modi di pensare, di comprendere e d’agire.
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