Riassunto analitico
La domanda che guida il mio lavoro di ricerca sperimentale è la seguente: “Come si auto-percepisce un adolescente con disturbi specifici dell’apprendimento rispetto alla propria condizione e in che misura i pregiudizi sociali sui DSA, che allignano nelle diverse agenzie educative, hanno influenzato tale percezione?”. Per compiere questo lavoro e rispondere all'interrogativo che mi sono posta, ho utilizzato un questionario che ho somministrato ai ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento che seguo quotidianamente in un lavoro di tutoraggio; che ha inizio all'interno delle mura scolastiche e prosegue nella fascia pomeridiana della giornata all'interno del servizio GET di Formigine, dove li affianco nello svolgimento dei compiti e collaboro insieme a loro affinché trovino un metodo di studio efficacie e il più possibile adeguato alle loro esigenze. Il mio lavoro di educatrice però non si concentra esclusivamente sull'aspetto educativo-didattico dei DSA: metodo di studio, mappe concettuali, sintesi vocali, sono solo una parte, anzi uno strumento, un mezzo, tramite i quali “vedere meglio” ciò che ci circonda, leggere un libro, portare a termine un esercizio. Ma questi particolari occhiali, da soli non bastano per esplorare il complesso mondo dei disturbi specifici dell’apprendimento, per comprendere cosa ci stia succedendo, per quale motivo sia così faticoso raggiungere un risultato nonostante l’impegno e la dedizione, perché ci si senta così diversi dai coetanei e mai all’altezza delle proprie aspettative o di quelle degli altri. Ed è proprio confrontandomi con i ragazzi circa i loro sentimenti, la sensazione di disagio, frustrazione che sperimentano ogni qualvolta ci sia da affrontare nuove richieste scolastiche e non, che ho pensato potesse essere giusto non solo aiutarli a destreggiarsi in un mare di compiti e di esperienze negative, a ritrovare fiducia nelle proprie capacità e a credere in se stessi; ma fare un passo indietro, indagare e lavorare sull'auto-percezione di questi ragazzi e su quali pregiudizi sociali avessero incontrato durante il loro percorso di crescita, per arrivare a guardarsi allo specchio ogni mattina e vedersi sempre un’etichetta appiccicosa stampata in fronte con su scritto: “DSA":
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Abstract
La domanda che guida il mio lavoro di ricerca sperimentale è la seguente: “Come si auto-percepisce un adolescente con disturbi specifici dell’apprendimento rispetto alla propria condizione e in che misura i pregiudizi sociali sui DSA, che allignano nelle diverse agenzie educative, hanno influenzato tale percezione?”.
Per compiere questo lavoro e rispondere all'interrogativo che mi sono posta, ho utilizzato un questionario che ho somministrato ai ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento che seguo quotidianamente in un lavoro di tutoraggio; che ha inizio all'interno delle mura scolastiche e prosegue nella fascia pomeridiana della giornata all'interno del servizio GET di Formigine, dove li affianco nello svolgimento dei compiti e collaboro insieme a loro affinché trovino un metodo di studio efficacie e il più possibile adeguato alle loro esigenze.
Il mio lavoro di educatrice però non si concentra esclusivamente sull'aspetto educativo-didattico dei DSA: metodo di studio, mappe concettuali, sintesi vocali, sono solo una parte, anzi uno strumento, un mezzo, tramite i quali “vedere meglio” ciò che ci circonda, leggere un libro, portare a termine un esercizio. Ma questi particolari occhiali, da soli non bastano per esplorare il complesso mondo dei disturbi specifici dell’apprendimento, per comprendere cosa ci stia succedendo, per quale motivo sia così faticoso raggiungere un risultato nonostante l’impegno e la dedizione, perché ci si senta così diversi dai coetanei e mai all’altezza delle proprie aspettative o di quelle degli altri.
Ed è proprio confrontandomi con i ragazzi circa i loro sentimenti, la sensazione di disagio, frustrazione che sperimentano ogni qualvolta ci sia da affrontare nuove richieste scolastiche e non, che ho pensato potesse essere giusto non solo aiutarli a destreggiarsi in un mare di compiti e di esperienze negative, a ritrovare fiducia nelle proprie capacità e a credere in se stessi; ma fare un passo indietro, indagare e lavorare sull'auto-percezione di questi ragazzi e su quali pregiudizi sociali avessero incontrato durante il loro percorso di crescita, per arrivare a guardarsi allo specchio ogni mattina e vedersi sempre un’etichetta appiccicosa stampata in fronte con su scritto: “DSA":
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