Riassunto analitico
Tra le molteplici tendenze che stanno animando i mercati alimentari al consumo, in questi ultimi anni, un posto particolare è occupato dalle bevande cosiddette alternative al latte; i consumatori hanno infatti aumentato l’acquisto di bevande di origine vegetale, in sostituzione a quelle di origine animale. Le motivazioni che spingono a questa sostituzione si possono ricondurre a: allergia o intolleranza al lattosio o ad altre componenti del latte vaccino, ipercolesterolemia e desiderio di ridurre la quota di grassi saturi nella dieta; preferenza verso alimenti di origine vegetale piuttosto che animale; sensibilità verso il tema della sostenibilità ambientale. I fattori intrinseci di queste bevande e, in particolare, il pH prossimo alla neutralità, l’elevata attività dell’acqua e l’alto valore nutrizionale, le rendono prodotti ideali per sostenere la crescita di diversi microrganismi alteranti e degradativi. La shelf life secondaria è il periodo di tempo dopo l’apertura della confezione durante il quale l’alimento mantiene proprietà qualitative accettabili. Tale periodo è sempre più breve della shelf life primaria, poiché l’apertura della confezione causa una repentina modifica delle condizioni ambientali e una contaminazione microbica, in funzione delle condizioni di utilizzo domestico da parte del consumatore. La breve (reale o presunta) shelf life secondaria è correlata con la generazione di sprechi a livello domestico. Il presente lavoro di tesi ha come obiettivo lo studio di soluzioni per il prolungamento della shelf life secondaria di una bevanda alla mandorla. In particolare, è stata eseguita una simulazione di utilizzo domestico, in dieci differenti ambienti, di campioni commerciali di bevanda alla mandorla, da ciascuno dei quali è stato isolato un cocktail di microrganismi alteranti, verso cui è stata testata l’attività antimicrobica di nisina mediante saggi di diffusione in agar e di diluizione in brodo. I risultati ottenuti hanno mostrato una parziale efficacia dell’antimicrobico naturale verso gli isolati, e pongono le basi per ulteriori sviluppi finalizzati all’incorporazione dell’antimicrobico in matrici polimeriche per lo sviluppo di sistemi di active packaging.
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