Riassunto analitico
La pandemia nota come Malattia da Coronavirus 2019 (COVID-19), è un’epidemia diffusasi a livello globale a partire da dicembre 2019, attualmente in corso e determinata dal nuovo coronavirus 2 (SARS-CoV-2). L'infezione è caratterizzata da una forte risposta immunitaria che innesca una sindrome da rilascio di citochine pro-infiammatorie quali TNF-α, IFN-γ, IL-6 a cui segue una rapida iperattivazione delle cellule immunitarie. I pazienti affetti da neoplasie ematologiche sono i più esposti al rischio di infezione e per tale ragione SARS-CoV-2 ha posto diverse questioni sulla gestione delle terapie. La Leucemia Linfatica Cronica (LLC) è la leucemia più frequente nell’adulto nel mondo occidentale. La LLC è un esempio paradigmatico di neoplasia associata ad importante compromissione della risposta immunitaria innata e adattativa che favorisce l’insorgenza di infezioni o complicanze autoimmuni. Il dialogo tra la cellula leucemica e il suo microambiente è cruciale per i segnali di sopravvivenza e proliferazione, per la progressione, la resistenza ai farmaci e la ricaduta della malattia. Ibrutinib, un inibitore specifico della tirosin chinasi BTK, determina la mobilizzazione delle cellule leucemiche dai tessuti nel sangue periferico e conseguente apoptosi. Ibrutinib ha dimostrato un’azione immunomodulatoria influenzando sia la risposta innata che adattativa. Questo farmaco inibisce anche la chinasi ITK espressa dalle cellule T sostenendo una polarizzazione Th1 e allo stesso tempo inibendo BTK espresso dalla popolazione monocito/macrofagica, induce un profilo più immunosoppressivo. Pertanto i pazienti affetti da LLC potrebbero risultare suscettibili allo sviluppo di gravi complicanze da COVID-19 e i trattamenti farmacologici potrebbero modulare il decorso dell’infezione stessa. L’obbiettivo dello studio è stato esaminare l'impatto del trattamento con ibrutinib sul rilascio di citochine da parte delle cellule T e dei monociti nei pazienti con LLC durante la stimolazione con pool di peptidi SARS-CoV-2. Sono stati condotti due disegni sperimentali. Nel primo, PBMC di LLC sono stati trattati in vitro con ibrutinib, poi stimolati con peptidi S, S1, S+, N e M. Nell’altro, PBMC isolati da pazienti prima e dopo 3 mesi di terapia con ibrutinib sono stati stimolati con peptidi SARS-CoV-2 e analizzati. La secrezione di TNF-α e INF-γ è stata determinata mediante citofluorimetria selezionando la popolazione CD3+ e CD14+, mentre la secrezione di IL-6 è stata determinata tramite ELISA su terreni condizionati. I risultati dimostrano che la stimolazione con peptidi SARS-CoV-2 determina un forte rilascio di citochine pro-infiammatorie con aumento significativo di TNF-α e INF-γ da parte sia delle cellule T CD3+ che dei monociti CD14+. Ci siamo chiesti se il trattamento con ibrutinib potesse modificare tale risposta immunologica. L'inibizione di BTK non modifica la secrezione delle due citochine da parte delle cellule T, mentre determina una loro riduzione indotta da SARS-CoV-2 da parte dei monociti. Inoltre, ibrutinib mitiga significativamente il rilascio di IL-6 in seguito a stimolazione. Successivamente sono stati analizzati campioni isolati da pazienti con LLC prima e dopo 3 mesi di trattamento con ibrutinib. I dati non mostrano modifiche significative nel rilascio di citochine pro-infiammatorie da parte delle cellule CD3+ in corso di trattamento. Al contrario, la secrezione di TNF-α e INF-γ da parte dei monociti osservata pre-trattamento è significativamente ridotta durante i primi 3 mesi di terapia. I risultati dimostrano in esperimenti in vitro e in campioni ex vivo come ibrutinib riduca la risposta delle citochine nei monociti stimolati da SARS-CoV-2, supportando l'ipotesi di un possibile effetto protettivo contro le principali complicanze cliniche indotte da COVID-19 nei pazienti con LLC.
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