Riassunto analitico
L’elaborato esamina cosa sia il fenomeno della datificazione nell’odierno contesto digitale e quali impatti generi sull’organizzazione del lavoro attraverso un approccio interdisciplinare. L’obiettivo è di individuare la natura e l'utilizzabilità giuridica dei dati e quali siano i principali profili critici di natura organizzativa e giuridica che si frappongono per il data driven HRM. In primo luogo, nel lavoro “digitalizzato” si ricostruisce come l’attività lavorativa sia quasi del tutto tracciata/tracciabile da remoto poiché gli strumenti tecnologici di lavoro, in quanto procedure informatiche, sono contemporaneamente strumenti di controllo che generano dati organizzativi (di interesse datoriale ma rappresentativi di parte dell’identità personale del lavoratore), in grado di rappresentare dettagliatamente e tempestivamente la prestazione lavorativa svolta dal dipendente. In particolare, la trasformazione digitale incide nelle organizzazioni attraverso due direzioni: l’uso di e-HRM; l’uso di digital workplace . A loro volta questi aspetti generano datificazione attraverso due forme: la crescente diffusione HRIS (data entry); generazione di dati ( data exhaust) e metadati derivanti dai digital work behavior.. Il contesto di partenza è l'avvento dell’algocrazia nella società dell'informazione; successivamente la descrizione dei big data (e le principali tecniche di analisi) nell’Industria 4.0., come premessa alla loro contestualizzazione nell’ambito della data driven HRM per il centrale utilizzo della people analytics (distinto dalle HR metrics), oggetto di approfondita disamina in relazione ai profili, alle tipologie e alle fasi del processo di analisi. Si rilevano grossi interrogativi sulla conoscibilità degli oscuri meccanismi e modalità di funzionamento degli algoritmi nei processi decisionali automatizzati. In secondo luogo, sulla disamina della problematica regolamentazione del fenomeno nella disciplina giuridica che intreccia la legislazione della privacy in materia di protezione dei dati e la legislazione lavoristica sul controllo a distanza e sulla tutela antidiscriminatoria. In circostanze molto peculiari è ammesso un restrittivo utilizzo dei big data, e conseguentemente, della people analytics: possibile effettuare analisi sul piano collettivo, risulta molto difficile farlo sul piano individuale a causa della natura dei dati (personali e sensibili) coinvolti.Nella legislazione lavoristica nazionale, in tema di ammissibilità del controllo datoriale a distanza sussiste una delicata situazione di incertezza giuridica circa la distinguibilità dei concetti di strumento di lavoro e di strumento di controllo. Vi sono molti casi borderline. L’attuale tutela antidiscriminatoria è fortemente limitativa rispetto alle logiche utilizzate nei processi decisionali automatizzati. Sussiste il rischio che i dati provengano anche da una dimensione temporale extra-lavorativa, si rileva che l’attuale normativa non consente di garantire adeguatamente le nuove modalità di organizzazione del lavoro (neanche il diritto alla disconnessione in materia di lavoro agile, riconducibile allo smartworking). E’ prudenziale rispettare le procedure previste in tema di sicurezza informatica dei dati nei sistemi informativi. In terzo luogo, si è tentato di proporre con interessanti argomentazioni, quali potranno essere gli spunti di riflessione utili ad intercettare dal principio i profili critici presi in considerazione nel corso dell’elaborato. Si prende atto come la trasformazione digitale produce datificazione che impatta inevitabilmente sull’organizzazione del lavoro. In ambito ambito della people analytics, le discipline giuridiche dovranno tenere conto delle diverse istanze di coordinamento del lavoro attraverso un dialogo interdisciplinare.
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