Riassunto analitico
Nonostante negli ultimi anni la partecipazione delle donne al lavoro retribuito sia aumentata, l’Italia continua ad essere uno dei paesi dell’Unione europea con i più elevati livelli di gap di genere in tutti gli indicatori del mercato del lavoro (tassi di occupazione, tassi di disoccupazione e inattività) nonché soggetta a fenomeni di elevata segregazione orizzontale e verticale ai danni delle donne. La principale causa di tale squilibri è da attribuire alla difficoltà esperita in misura maggiore dalle donne nel conciliare le sfere della riproduzione sociale e della produzione lavorativa. Infatti, ancora oggi le donne sono le principali responsabili del lavoro di cura per la famiglia e per il lavoro domestico, a causa di una diseguale distribuzione dei ruoli all’interno della coppia, di una ancora limitata consapevolezza sull’importanza di tale tematica e della mancanza di servizi di conciliazione a livello pubblico e aziendale. A questo proposito, le donne tendono ad affidarsi nella gestione dei compiti di cura, principalmente a reti di aiuto informali quali le altre donne della famiglia, ma le “nonne” di oggi sono donne, in buona parte, ancora presenti nel mercato del lavoro, con responsabilità di cura verso genitori anziani, verso i figli che non hanno lasciato il nucleo familiare e verso i nipoti; si tratta pertanto di donne schiacciate dall’eccessivo lavoro di cura che sono chiamate a svolgere. Le conseguenze di questa situazione si riversano sull’intera società, rendendo necessario l’intervento sull’attuale sistema di Welfare e la creazione di servizi sociali e organizzativi tesi al miglioramento dell’equilibrio vita-lavoro delle donne. In questo contesto hanno assunto un ruolo nuovo le cooperative sociali che sono imprese sociali del territorio e offrono buona parte di quei servizi che l’attuale sistema di Welfare non è in grado di garantire. Come è noto esse rappresentano da sempre un luogo privilegiato di tutela dell’occupazione femminile, le quali intravedono in questa forma di impresa, tesa alla gestione della diversità e alla socialità, un luogo che risponde meglio alle proprie esigenze. Partendo da queste premesse si è ritenuto interessante andare a verificare in quattro cooperative sociali della provincia di Reggio Emilia, composta da un ampio comparto di cooperazione, se effettivamente i dipendenti composti in, maggioranza da donne, considerano le loro imprese come concilianti, e come queste particolari forme di impresa gestiscono la conciliazione vita-lavoro essendo esse stesse deputate all’erogazione di servizi concilianti. L’analisi statistica dei dati ha confermato la generale soddisfazione dei dipendenti nella gestione del proprio equilibrio vita familiare e vita lavorativa, dettata soprattutto da una cultura aziendale orientata al diversity management ovvero alla valorizzazione della diversità e alla considerazione di quest’ultima come fonte di opportunità che, se opportunamente gestita, contribuisce al raggiungimento di ottime performance aziendali.
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