Riassunto analitico
Il 15 settembre 2020, l'OMC ha diffuso il rapporto del Panel in US – Tariff Measures (DS543). La controversia in esame riguarda la contestazione da parte della Cina delle misure adottate dagli USA nel 2018, le quali imponevano dazi aggiuntivi ad valorem su alcuni prodotti importati dalla Cina, in base ad un'indagine condotta dal Rappresentante Commerciale degli USA sugli atti, le politiche e le pratiche cinesi in materia di trasferimento di tecnologia, proprietà intellettuale e innovazione ai sensi della Sez. 301 del Trade Act 1974 e le argomentazioni sollevate dagli USA in difesa delle rivendicazioni della Cina. Dopo aver eliminato due obiezioni procedurali sollevate dagli USA, il Panel ha esaminato se le tariffe fossero coerenti con il GATT. La Cina ha sostenuto, che le tariffe erano incompatibili con gli articoli 1.1 e 2.1 lett. a) e b) del GATT. Il panel ha convenuto che la Cina aveva stabilito una violazione prima facie dell'articolo 1.1 perché i dazi avevano posto i prodotti cinesi in una posizione di svantaggio rispetto ai prodotti non cinesi. Il panel ha inoltre concluso che le tariffe fossero incoerenti con l'articolo 2.1 lett. a) perché "accordano alle importazioni dalla Cina un trattamento meno favorevole di quello previsto nell'elenco degli USA" e anche incoerenti con l'articolo 2.1 lett. b) perché erano dazi doganali applicati in eccesso rispetto alle aliquote a cui gli USA si vincolavano. In risposta, gli USA hanno affermato che non vi era alcuna base giuridica per il Panel per emettere conclusioni perché le parti avevano raggiunto una soluzione della questione al di fuori del sistema dell'OMC ai sensi dell'articolo 12.7 DSU. A questo proposito, gli USA si riferivano ai negoziati bilaterali in corso tra USA e Cina, che nel febbraio 2020 hanno portato all'adozione di un accordo economico e commerciale (l'Accordo di Fase 1). Gli USA hanno anche affermato che in ogni caso i dazi contestati erano necessari per proteggere la morale pubblica ai sensi dell'art. 20 lett. a) del GATT 1994 poiché erano stati adottati per "ottenere l'eliminazione" di comportamenti che violavano gli standard di morale pubblica degli USA, ovvero le politiche e le pratiche commerciali sleali della Cina. Gli USA hanno sostenuto che le azioni della Cina, avevano violato alcune leggi statunitensi: sostenevano che le leggi che vietano le pratiche commerciali sleali codificano restrizioni sul comportamento basate su "concetti nazionali di giusto e sbagliato" e gli atti, le politiche e le pratiche della Cina violavano questi concetti. Il Panel ha definito la morale pubblica in generale, come "un insieme di abitudini di vita relative a comportamenti giusti e sbagliati che appartengono ad una comunità o nazione". Ha concluso che gli "standard di giusto e sbagliato", come caratterizzati dagli USA, "potrebbero, almeno a livello concettuale, essere coperti dal termine 'morale pubblica' ai sensi dell'art. 20 lett. a) del GATT 1994". Il panel ha osservato che gli Stati Uniti avevano l'onere di dimostrare una relazione sufficiente tra le tariffe e la morale pubblica. Gli USA hanno sostenuto che esisteva una relazione tra i prodotti coperti dalle tariffe dell'Elenco 1 e le azioni cinesi. Il panel ha esaminato gli avvisi emessi dagli USA che elencavano i prodotti da coprire dalle tariffe, ma ha riscontrato che né gli avvisi stessi, né il rapporto della sezione 301, supportavano una constatazione di contributo. Il panel ha inoltre concluso che gli USA non avevano sufficientemente spiegato la relazione tra le tariffe della Lista 2 e il loro obiettivo di morale pubblica. Alla luce della determinazione che gli USA non hanno giustificato adeguatamente le tariffe ai sensi dell'art. 20 lett. a), il Panel ha stabilito che le tariffe erano incompatibili con il GATT e ha raccomandato agli Stati Uniti di tornare a rispettare i propri obblighi.
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