Riassunto analitico
L'identificazione di antigeni tumore-associati ha stimolato l'interesse per essere utilizzati come target in modelli di terapia genica anti-tumorale. Il GD2 è un antigene molto espresso in numerose neoplasie di derivazione neuroectodermica, quali il neuroblastoma, melanoma, microcitoma polmonare, retinoblastoma, medulloblastoma e gliomi di alto grado, sarcomi ossei e dei tessuti molli. L’associazione con tumori ancora incurabili e la bassa espressione nei tessuti sani rende questo antigene un promettente target per approcci di terapia cellulare adottiva. Una delle strategie indagate in questo senso si basa sulla generazione ex vivo di linfociti T modificati geneticamente con un recettore antigenico chimerico (CAR), in grado di riconoscere l’antigene GD2. CAR è costituito da una regione extracellulare di legame con l’antigene, da una regione transmembrana e da una regione intracellulare di attivazione e trasduzione del segnale. L’introduzione di CAR ha permesso di combinare le proprietà di riconoscimento antigenico, proprie degli anticorpi monoclonali, con le caratteristiche funzionali delle cellule T. Pertanto, il nostro obiettivo è stato quello di valutare in modelli pre-clinici l’impatto di un CAR anti-GD2, da noi sintetizzato, espresso in linfociti T umani. La fase in vitro, unitamente alla specificità e capacità proliferativa dei linfociti T CAR anti-GD2, ha permesso di determinare anche un rilevante effetto citotossico rispetto alle cellule T parentali nei confronti di linee tumorali di neuroblastoma. La linea target avente elevata sensibilità è stata poi testata in vivo con la finalità di riprodurre un modello sperimentale di malattia in topi non-immunocompetenti (NOD/SCID). Il trattamento ha previsto inoculi di linfociti T CAR anti-GD2. Gli studi in vivo hanno permesso di confermare i dati osservati in vitro. Nel gruppo che ha ricevuto il trattamento con linfociti T CAR anti-GD2 abbiamo osservato una minima se non assente formazione della massa tumorale. Per contro, nei modelli di controllo, in cui è stato indotto il tumore in assenza di trattamento, ovvero trattamento con linfociti T parentali, la crescita tumorale è risultata notevole. Questo approccio appare innovativo e potrebbe aprire nuove possibilità terapeutiche in contesti clinici pediatrici e del giovane adulto ancora gravate da prognosi largamente infausta.
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