Riassunto analitico
Per molto tempo abbiamo vissuto in un contesto capitalistico, in cui si negava la necessità di apprezzare l’elemento etico in quelle che erano le scelte di carattere economico. L’attenzione da parte dei leader era concentrata soprattutto sulla competitività, la quale per molto tempo ha frenato lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, negli ultimi decenni la competitività ha ampliato i propri confini: al fianco della responsabilità economica delle imprese si è sviluppata la responsabilità sociale. Negli anni Ottanta del Novecento cambiò il modo di fare impresa: si iniziò a comprendere che il successo doveva essere perseguito attraverso il soddisfacimento delle aspettative degli stakeholders più rilevanti dell’impresa, e non solo degli azionisti. Negli anni seguenti si svilupparono nuovi strumenti di comunicazione, presentati nel primo capitolo, che vengono utilizzati al giorno d’oggi dalle aziende per comunicare il loro impegno sostenibile. Al fianco del bilancio d’esercizio, focalizzato esclusivamente sugli aspetti economici legati all’attività di impresa, sono nati nuovi strumenti di rendicontazione, quali: il Bilancio di sostenibilità, il Bilancio integrato e la Dichiarazione di carattere non-finanziario. Questi strumenti, unitamente agli Standard e alle Certificazioni ambientali, sono fondamentali per una misurazione oggettiva delle attività aziendali sostenibili e per una diffusione corretta delle informazioni. Il rovescio della medaglia dell’importanza che, negli ultimi anni, hanno assunto le tematiche legate alla sostenibilità costituisce il fenomeno del Greenwashing, o ambientalismo di facciata, che consiste in una strategia di comunicazione aziendale volta a presentare in modo falso o esagerato l’impegno dell’impresa a favore dell’ambiente, oppure in una strategia di comunicazione mirata a sopravvalutare le prestazioni ambientali dei propri prodotti. Data l’ampia diffusione di questa pratica scorretta, tutti i Paesi sviluppati del mondo si sono mobilitati per introdurre misure volte a contrastarla. Nel corso del secondo capitolo verranno presentate le misure anti Greenwashing introdotte dall’Unione Europea (con un focus su Italia e Francia), dagli Stati Uniti d’America e dal Regno Unito, per tutelare aziende e consumatori. Tutte le riflessioni fatte saranno accompagnate dall’esposizione di casi reali di Greenwashing che hanno colpito grandi aziende, quali: Eni, Volkswagen e Ryanair. Infine, il terzo capitolo del mio elaborato tratta il fenomeno del Greenwashing nel settore petrolifero e del gas. Nonostante questa sia l’industria più inquinante al mondo, le major petrolifere di tutto il mondo si dichiarano attente alla salvaguardia dell’ambiente, a tal punto che alcune di esse hanno affermato di trasformarsi, nel giro di pochi anni, in aziende di energia pulita. Tuttavia, le parole non bastano: ce lo dimostra uno studio giapponese, illustrato nel terzo capitolo, che analizza le parole, le strategie e gli investimenti sostenuti da quattro delle major petrolifere (Chevron, ExxonMobil, BP e Shell), per quanto riguarda il loro processo di transizione verso l'energia pulita. Lo studio si basa su dati raccolti in un lasso di tempo di dodici anni (2009-2020) e ci illustra come l’aumento delle parole contenute nei report aziendali relative alla decarbonizzazione e alla transizione energetica non coincida con le azioni implementate e con gli investimenti effettuati dalle stesse aziende. La conclusione che possiamo trarre è che, fino a quando le azioni e gli investimenti effettuati dalle aziende, nell’ambito della sostenibilità, non saranno allineati alle parole spese e agli impegni presi, si continuerà a sentire parlare di Greenwashing.
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Abstract
Per molto tempo abbiamo vissuto in un contesto capitalistico, in cui si negava la necessità di apprezzare l’elemento etico in quelle che erano le scelte di carattere economico. L’attenzione da parte dei leader era concentrata soprattutto sulla competitività, la quale per molto tempo ha frenato lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, negli ultimi decenni la competitività ha ampliato i propri confini: al fianco della responsabilità economica delle imprese si è sviluppata la responsabilità sociale. Negli anni Ottanta del Novecento cambiò il modo di fare impresa: si iniziò a comprendere che il successo doveva essere perseguito attraverso il soddisfacimento delle aspettative degli stakeholders più rilevanti dell’impresa, e non solo degli azionisti. Negli anni seguenti si svilupparono nuovi strumenti di comunicazione, presentati nel primo capitolo, che vengono utilizzati al giorno d’oggi dalle aziende per comunicare il loro impegno sostenibile. Al fianco del bilancio d’esercizio, focalizzato esclusivamente sugli aspetti economici legati all’attività di impresa, sono nati nuovi strumenti di rendicontazione, quali: il Bilancio di sostenibilità, il Bilancio integrato e la Dichiarazione di carattere non-finanziario. Questi strumenti, unitamente agli Standard e alle Certificazioni ambientali, sono fondamentali per una misurazione oggettiva delle attività aziendali sostenibili e per una diffusione corretta delle informazioni.
Il rovescio della medaglia dell’importanza che, negli ultimi anni, hanno assunto le tematiche legate alla sostenibilità costituisce il fenomeno del Greenwashing, o ambientalismo di facciata, che consiste in una strategia di comunicazione aziendale volta a presentare in modo falso o esagerato l’impegno dell’impresa a favore dell’ambiente, oppure in una strategia di comunicazione mirata a sopravvalutare le prestazioni ambientali dei propri prodotti.
Data l’ampia diffusione di questa pratica scorretta, tutti i Paesi sviluppati del mondo si sono mobilitati per introdurre misure volte a contrastarla. Nel corso del secondo capitolo verranno presentate le misure anti Greenwashing introdotte dall’Unione Europea (con un focus su Italia e Francia), dagli Stati Uniti d’America e dal Regno Unito, per tutelare aziende e consumatori.
Tutte le riflessioni fatte saranno accompagnate dall’esposizione di casi reali di Greenwashing che hanno colpito grandi aziende, quali: Eni, Volkswagen e Ryanair.
Infine, il terzo capitolo del mio elaborato tratta il fenomeno del Greenwashing nel settore petrolifero e del gas. Nonostante questa sia l’industria più inquinante al mondo, le major petrolifere di tutto il mondo si dichiarano attente alla salvaguardia dell’ambiente, a tal punto che alcune di esse hanno affermato di trasformarsi, nel giro di pochi anni, in aziende di energia pulita. Tuttavia, le parole non bastano: ce lo dimostra uno studio giapponese, illustrato nel terzo capitolo, che analizza le parole, le strategie e gli investimenti sostenuti da quattro delle major petrolifere (Chevron, ExxonMobil, BP e Shell), per quanto riguarda il loro processo di transizione verso l'energia pulita. Lo studio si basa su dati raccolti in un lasso di tempo di dodici anni (2009-2020) e ci illustra come l’aumento delle parole contenute nei report aziendali relative alla decarbonizzazione e alla transizione energetica non coincida con le azioni implementate e con gli investimenti effettuati dalle stesse aziende.
La conclusione che possiamo trarre è che, fino a quando le azioni e gli investimenti effettuati dalle aziende, nell’ambito della sostenibilità, non saranno allineati alle parole spese e agli impegni presi, si continuerà a sentire parlare di Greenwashing.
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