Riassunto analitico
Da diversi secoli i curdi combattono per la propria libertà e questo è evidente in ogni aspetto della loro lotta. La Rivoluzione curda non consiste soltanto in una rivendicazione di autodeterminazione nazionale ma anche di un tentativo di costruire un sistema alternativo a quello di stampo capitalistico, gerarchico e patriarcale. Questi sono i principi, le dichiarazioni e il programma condiviso dai combattenti curdi. In effetti, si tratta di un esperimento politico e sociale senza precedenti, soprattutto perché pone al suo centro le donne, protagoniste essenziali del successo del Confederalismo Democratico. La peculiarità del Movimento femminista curdo consiste nella duplice direzione intrapresa: da un lato un abbattimento dei paradigmi sessisti e patriarcali della società, dall’altro una lotta volta a costruire nuovi spazi autonomi ed una mentalità egualitaria. Questo principio si manifesta anche nelle scienze sociali e naturali, che sono state sottoposte ad una minuziosa revisione affinché si potesse parlare di una «Her-story» (la storia di lei): una storia interamente scritta da donne e libera dalle concezioni antropocentriche caratteristiche della «his-story» (la storia di lui). Attraverso le ricerche condotte da giornalisti, reporter e studiosi, è stato possibile verificare l’impostazione e l’esperimento che conduce ad un sistema democratico autonomo fondato sull’eguaglianza di genere, l’ecologia e la “reciprocità”. È stato inoltre possibile appurare il grado di emancipazione e il livello di protagonismo raggiunto dalle donne curde in ambito pubblico e politico, nonché le problematicità e le contraddizioni interne a tale sistema, emerse soprattutto nelle interviste a Gulala Salih (rappresentante in Italia di Kurdistan Save The Children) e a Davide Grasso (ex combattente internazionalista). A differenza di altre rivoluzioni passate, i curdi ed il loro leader Abdullah Öcalan hanno implementato una serie di garanzie che tutelano il grado di empowerment raggiunto dalle curde e dalle donne che risiedono all’interno delle Regioni autonome. Le donne hanno raggiunto la totale parità di genere in ogni settore pubblico, e si occupano in prima persona di risolvere i problemi comuni (attraverso una cooperazione tra uomo e donna) e quelli specificamente femminili. Il fatto che un tale grado di libertà e di autodeterminazione sia stato raggiunto in un Paese a maggioranza islamica, ne ha ulteriormente complicato la comprensione. Le informazioni riportate dai media e dalle testate giornalistiche, locali ed internazionali, ne sono un esempio: seppur in modo molto diverso, le rappresentazioni delle donne curde, e soprattutto delle combattenti, semplificano eccessivamente tale figura per renderla adattabile all’attrattività del proprio pubblico. A ben guardare, si tratta di una Rivoluzione egualitaria e femminista condotta da individui mossi dalla volontà di abbattere un dominio sessista e schiavista, perché soltanto liberando la donna si potrà liberare l’intera società. Naturalmente, trattandosi di un esperimento in costante evoluzione non si sa nulla riguardo al suo futuro, ma è possibile affermare già da ora che i curdi e la loro resistenza per l’autodeterminazione rimarranno nella storia.
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Abstract
For several centuries, the Kurds have been fighting for their freedom and this is evident in every aspect of their struggle. The main task of Kurdish Revolution has the task of overthrowing the capitalist and patriarchal system to build a new system, far removed from a state and hierarchical approach to society. This Revolution is an unprecedented political and social experiment, especially since it places women at the center of it, the essential protagonists of the success of Democratic Confederalism.
The peculiarity of the Kurdish feminist movement lies in the twofold direction it has taken: on the one hand, demolition of the sexist and patriarchal paradigms of society, and on the other, a struggle to build new autonomous spaces and an egalitarian mentality. This principle is also manifested in the social and natural sciences. These sciences have undergone a thorough revision in order to be able to speak of a «her-story»: a history entirely written by women and free from the anthropocentric conceptions characteristic of the «his-story».
Through research carried out by journalists, reporters and researchers, it was possible to verify the design and operation of an autonomous democratic system based on gender equality, ecology and “reciprocity”. It was also possible to ascertain the degree of emancipation and the level of prominence achieved by Kurdish women in the public and political spheres, as well as, the problems and contradictions within this system. All the aspects mentioned above emerged in the interviews with Gulala Salih (representative in Italy of Kurdistan Save The Children) and Davide Grasso (former internationalist fighter).
Unlike other past revolutions, the Kurds and their leader Abdullah Öcalan have implemented a series of guarantees that protect the degree of empowerment achieved by Kurdish women and women residing within the autonomous regions. Women have achieved total gender equality in every public sector, and are personally involved in solving common problems (trough cooperation between men and women) and in particular female related issues. The fact that such a degree of freedom and self-determination has been achieved in a country with an Islamic majority has further complicated understanding. The information reported by local and international media and newspapers is an example of this: although in very different ways, the representations of Kurdish women, and especially Kurdish fighters, oversimplify this figure to make it adaptable to the attractiveness of its audience.
By having a closer inspection, this is an egalitarian and feminist revolution led by individuals motivated by the desire to overthrow a sexist and slavery-based dominance. Only by liberating women it will be possible to liberate the whole of society. Of course, since this is a constantly evolving experiment, nothing is known about its future, but it can already be said that the Kurds and their resistance to self-determination will remain in history.
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